Mi piacerebbe che fosse nominato un capo dello Stato che consideri le libertà civili l’asse portante della democrazia italiana nel terzo millennio.

Che non le ritenga sacrificabili sull’altare della crisi economica e sociale devastante che stiamo vivendo.

Che sia disposto a impegnarsi per garantire più diritti per i detenuti perché sa perfettamente che ciò non significa determinare meno diritti per tutti gli altri.

Che ritenga la dignità umana indivisibile e universale ovvero che spetti a tutti nessuno escluso.

Che non abbia paura a usare e esercitare la parola «grazia» perché la grazia serve a rendere più mite la giustizia.

Che abbia chiaro che legge e giustizia seguono codici diversi e non sempre sovrapponibili.

Che consideri le droghe una cosa seria ma non un motivo per mandare in galera i giovani e rovinare la vita alle loro famiglie.

Che usi e faccia usare alle persone e più in generale all’opinione pubblica il cervello e l’anima piuttosto che le mani e la pancia.

Che sia empatico con l’umanità.

Che per lui un «rom» è un «rom» e non uno «zingaro».

Che sappia che la parola «zingaro» era tatuata sulle braccia dei rom e dei sinti nei campi di sterminio nazista.

Che ritenga la libertà di movimento una libertà fondamentale mai sacrificabile sul terreno delle identità nazionali.

Che ritenga l’identità e la sovranità un problema piuttosto che un valore.

Che non sia islamofobo né assecondi tutti gli stereotipi sull’immigrazione.

Che sappia parlare a tutte le differenti anime del Paese.

Che sia europeista nel senso di un’Europa dove finalmente si costruisca uno spazio giuridico e umano avanzato dal punto di vista del riconoscimento delle libertà.

Che sia profondamente e fino in fondo democratico e dunque contro tutte le discriminazioni.

Che reagisca con indignazione volta per volta ad ogni incitamento all’odio razziale e all’omofobia.

Che sia laico ma non laicista.

Che rispetti tutte le religioni.

Che sia per il matrimonio egualitario.

Che sappia distinguere il diritto dall’etica e non chieda al diritto di trasformarsi in un feticcio totemico.

Che ritenga che la fecondazione assistita, l’eutanasia, il testamento biologico siano qualcosa che non possano essere trattate in modo manicheo da una legislazione vessatoria, ideologica e invadente.

Che conosca la società civile dal di dentro senza considerarla un inutile e fastidioso orpello delle democrazie.

Che ritenga la riservatezza e la privacy un patrimonio personale e collettivo da garantire.

Oltre a tutto questo ci starebbe bene un Presidente che sappia parlare a tutti, anche ai più giovani e dunque che conosca e ami la musica, a partire da quella leggera e da quella meno amata nei salotti.

Per meglio capirci ci piacerebbe un Presidente che non vada solo all’inaugurazione della stagione della Scala a Milano o al classico concerto di fine anno bensì che sia in prima fila al prossimo concerto di Bruce Springsteen in Italia.

Nelle prossime ore si chiarirà qual è la posizione del Partito democratico e qual è la decisione delle altre forze politiche rappresentate in Parlamento in ordine al Quirinale. In Parlamento e precisamente in Senato, a presiedere la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, c’è da un paio di anni Luigi Manconi.

Il profilo che ho delineato gli calza, come si suol dire, a pennello. Ha girato in questi giorni un appello per la sua nomina a capo dello Stato. Sarebbe un Presidente capace di parlare ai giovani e più in generale di restituire gentilezza, umanità, ironia e sorriso a un Paese che si prende troppo sul serio