“No queremos Olimpiadas” gridavano gli studenti messicani nel 1968, per contestare l’uso strumentale che il governo messicano voleva fare delle olimpiadi del ’68 e dei mondiali di calcio, quelli di Italia-Germania 4 a 3, che si sarebbero disputati due anni dopo. A distanza di 45 anni, lo stesso spirito di contestazione si è riproposto in Brasile, che l’anno prossimo ospiterà i mondiali di calcio e nel 2016 le olimpiadi, dove alla viglia della Confederations Cup disputatasi a giugno, centinaia di migliaia di persone hanno manifestato nelle principali città brasiliane nei confronti del governo diretto da Dilma per lo spreco di risorse destinate all’organizzazione dei mondiali di calcio e alla costuzione di nuovi stadi, e che secondo i manifestanti dovevano essere riservate a finanziare l’istruzione e la sanità.

La manifestazione era stata indetta a Città del Messico dagli studenti universitari il 2 ottobre alle 18,30 in Plaza de las Tre Culturas, nel quartiere di Tlatelolco, e doveva rappresentare l’epilogo di quelle iniziate il 23 luglio. Gli studenti manifestavano contro una situazione sociale che aveva ridotto allo stremo il popolo messicano: tre milioni di ragazzi tra i 6 e i 14 anni non frequentavano la scuola, mentre erano 11 milioni gli analfabeti adulti, 8 milioni di messicani avevano bandito dalla loro alimentazione generi alimentari come  carne, pesce, uova a causa dello stato di estrema povertà.

Le manifestazioni degli studenti messicani, alle quali si erano uniti operai, contadini e svoltesi tra luglio e ottobre del 1968, si inserivano sulla scia di una situazione sociale estremamente difficile, e che avevano irritato non poco il governo messicano diretto da Gustavo Diaz Ordaz. Il 26 luglio e il 29 luglio cortei di manifestanti che confluivano da più parti della capitale messicana, si erano conclusi con scontri con la polizia e il ferimento di decine di persone, perciò il 30 luglio il ministro degli Interni messicano, propose di far ricorso all’esercito. Cortei di protesta si ebbero a Città del Messico il 5 e il 13 di agosto del 1968, il 13 e il 22 settembre.Nelle settimane successive, ripetuti incontri tra i rappresentanti degli studenti e le forze dell’ordine aveva portato all’accordo secondo cui gli studenti avrebbero manifestato pacificamente e le forze dell’ordine non sarebbero intervenute con provocazioni di sorta.

Quel pomeriggio del 2 ottobre del 1968, a circa una settimana dall’inaugurazione delle olimpiadi di Città del Messico, che si svolsero dal 12 al 27 ottobre, i  manifestanti  a migliaia affluirono pacificamente in piazza delle Tre Culture fino a riempirla del tutto, e nessun segnale faceva presagire quanto accadde due ore dopo. Un elicottero che sorvolava la piazza, improvvisamente illuminò con un raggio verde i manifestanti, era il segnale che i granaderos dell’esercito messicano potevano intervenire. L’unica via d’uscita di Piazza delle Tre Culture, fu bloccata dai blindati della polizia. I fucili dei granaderos spararono all’impazzata, i morti furono diverse centinaia, anche se la polizia indicò appena 29. Molti di quei corpi furono portati via dalla polizia e cremati lontani da occhi indiscreti, perché il numero delle vittime potesse essere ridotto al minimo.

Testimone oculare di quella strage fu l’atleta italiano Eddy Ottoz, che  alle olimpiadi di Città del Messico conseguì la medaglia di bronzo nella gara dei 110 ostacoli: ” Era dura restare tutto il giorno all’interno del Villaggio Olimpico. Una sera io e Mario Pescante (futuro presidente del Coni, sottosegretario allo sport nel governo Berlusconi 2001-2006, ndr) decidiamo di uscire. Per caso finiamo intrappolati in una manifestazione. Vedo un elicottero che spara un razzo verde, poi l’esercito comincia a far fuoco ad altezza d’uomo. Un massacro. Ci nascondiamo dentro a un tunnel, essere atleti conta. Tornato al villaggio olimpico scrivo un tazebao per i miei compagni: prego, d’ora in poi, di munirsi di giubbotto antiproiettile e di maschera antigas. Vengo multato per indisciplina. Nel ’68 tutta la mia diaria olimpica, 25 dollari al giorno, se ne andò per quelle sanzioni”.

La strage di Piazza delle Tre Culture, ebbe un’eco mondiale e scosse le coscienze democratiche. La Direzione del Pci, riunitasi il 4 ottobre espresse sdegno e fece “propria la collera dei giovani e di tutto il popolo italiano per la tragica e sanguinosa strage operata a Città del Messico con la violenza delle armi”. Il Pci, dopo un’interrogazione parlamentare di Luciano Barca, in vista della discussione alla camera del 7 ottobre del 1968, chiede che “ il Comitato olimpico faccia propria la posizione assunta da numerosi atleti azzurri…che l’Italia affermi la necessità di rinviare i Giochi olimpici”, ma il Coni per bocca del suo presidente Giulio Onesti, amico di lungo corso di Andreotti, dichiarando l’estraneità dello sport rispetto alla politica, lasciò la delegazione olimpica azzurra a Città del Messico. Manifestazioni di solidarietà con gli studenti messicani si svolsero in varie città italiane,  Catanzaro, Milano, Firenze,    Reggio Emilia,, Palermo, La Spezi,Roma.

Lo spettacolo olimpico cominciò il 12 ottobre tra l’odore acre dei corpi bruciati della strage di Piazza delle tre Culture. Sarebbe andato tutto liscio se un velocista di nome Tommie Smith, che  in quella olimpiade stabilì il record mondiale sui 100 metri, sul podio non avesse infilato il guanto nero e alzato il pugno chiuso e chinato il capo.