Il «manifesto» lo associamo alla nostra adolescenza, era lo spazio dove nell’era pre-Internet ci informavamo sul presente e studiavamo l’immediato passato, specialmente quei favolosi anni ’70 che avevamo respirato da bambini. Prima di entrare a scuola lo leggevamo seduti sulle scale a piazza del Gesù, incrociando lo sguardo complice di chi come noi lo aveva acquistato o di chi vedendolo intuiva subito che avevamo un patrimonio di idee e sogni condivisi.

Le strade de «il manifesto» e dei 99Posse si sono incrociate spesso, addirittura si sono intrecciate con quelle di Rosario Dello Iacovo, membro del collettivo e uno degli amministratori della pagina facebook di noi 99, che ha cominciato l’attività giornalistica proprio con la redazione napoletana che lavorava al supplemento «Metrovie».

Sostenere «il manifesto» significa continuare a tenere in circolo un pezzo del patrimonio della sinistra, soprattutto oggi che lanciate una sottoscrizione per riprendervi la testata, riacquistarla dai commissari liquidatori.

La legge del mercato è fatta così, chi tiene i soldi si prende quello che vuole anche quando non te lo vogliono dare. Avvocati, banche, procedure legali: una storia intera potrebbe finire in mani altrui come se fosse un oggetto che passa da un proprietario a un altro.

Si tratta di riaffermare che si può esistere senza avere un proprietario, nemmeno uno preso all’asta. Mettiamoci di traverso e lasciamo il manifesto dov’è, in mano ai lavoratori.

Curre curre guaglio’!

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