L’idea originale è ambiziosa: mescolare il sacro – il testo del sommo Bardo riadattato in salsa coatta e politically uncorrect – con il profano che pesca a piene mani dal repertorio dei Monty Python, i Griffin, i Simpson, la commedia(ccia) all’italiana con più riferimenti sul reale. Romolo + Giuly – La guerra mondiale italiana, la nuova serie comedy targata Fox in onda dal 17 settembre alle 21 (canale 112 di Skye sul dt) in 8 episodi da 30 minuti, è questo è molto altro. In una città eterna immaginaria ma non troppo divisa in due: Roma nord opulenta e un filino snob che si divide tra feste a base di cocaina, personaggi bizzarri e ritocchi estetici, simboleggiata dai palazzinari Copulati e Roma sud nelle mani dei Montacchi – che controllano il traffico di rifiuti, decisamente più cafonal, due famiglie pronte a darsi battaglia per la poltrona a sindaco – la storia d’amore tra Romolo (Alessandro D’Ambrosi) e Giuly (Beatrice Arnera), coppia d’eredi delle due famiglie, fa riesplodere l’antico conflitto tra i due clan. Una rilettura satirica (a produrla Wildside e Zerosix Production) dell’opera di Shakespeare che nasce da un corto (da 3 milioni di visualizzazioni in rete) presentato due anni fa a Roma Web Fest, su una sceneggiatura firmata da Giulio Carrieri, Alessandro D’Ambrosi e Michele Bertini Malgarini, ma rispetto alla web serie è meno «romanocentrica».

La sceneggiatura prevede infatti una digressione nel resto d’Italia simboleggiato da una singolare alleanza fra Milano, Napoli e Palermo per contrastare il «dominio» capitolino, e l’inserimento di curiosi personaggi come Don Alfonso, principe e boss dall’incipiente complesso d’Edipo e la passione per l’opera, interpretato da Fortunato Cerlino (don Pietro Savastano in Gomorra), «quarantanovesimo in ordine di successione» in quello che un tempo era il Regno delle due Sicilie, e che vorrebbe usare i romani come «operai schiavi» per fargli costruire il Ponte sullo Stretto. Gli autori coinvolgono perfino Giorgio Mastrota in una versione «luciferina» di se stesso, qui a capo di una loggia massonica, e Stefano Fregni nei panni di Teodorico Fumagalli, leader del Movimento Settentrionale Nordico del Nord. Dietro la comicità, il racconto si fa specchio del Belpaese tornato a dividersi, anche in modo tragico, nella politica e nel sociale.

«In Italia – spiega Mario Gianani di Wildisde, c’è bisogno di costruire nuovi tessuti narrativi. Soprattutto per la commedia servono nuovi autori e talenti perché ciò che si faceva in passato non ottiene più lo stesso risultato». «Per noi – sottolinea Giulio Carrieri – era importante iniziare con una comicità che fosse pungente e che permettesse a una serie comica di poter inserire, in un contesto di questo tipo, temi sociali e politici. Partire da Roger Rabbit, i Monty Python, spingendo l’acceleratore sul nonsense, ci ha permesso di muoverci anche su territori che coinvolgessero serie animate come i Simpson o i Griffin, che hanno sdoganato la scorrettezza come sguardo sul reale. Affrontiamo il tema dell’altro, il fatto che la ricchezza viene dalla collisione di culture».

Si gioca sullo stereotipo portato all’estremo, come nel personaggio di Olimpia, annoiatissima moglie di Massimo Copulati (Massimo Ciavarro) e madre di Giuly, dark lady dalle espressioni facciali ridotte a causa del massiccio utilizzo di botox e il drink sempre in mano: «Lì abbiamo giocato sulle citazioni da serie celebri, ispirandoci a Karin Walker di Will & Grace» spiega Michela Andreozzi che la interpreta.