Tra le icone di Nintendo la cacciatrice di taglie spaziale dal nome di Samus Aran è la stella più sfuggente, un oggetto dei desideri videoludici che si fa sognare a lungo prima di tornare ad essere protagonista. Ideata nel 1987 dal geniale inventore Gunpei Yokoi, deceduto nel 1997, la corazzata e mai erotica Samus è tornata periodicamente negli anni sulle diverse piattaforme di Nintendo in opere d’arte del disorientamento angoscioso e avventuroso tra le due e le tre dimensioni ,ma latitava dal 2010, quando su Wii uscì il discutibile ma a tratti illuminante Metroid Other M, con la sua sovrabbondanza di intrusioni diegetiche.

Eccola di nuovo, la cacciatrice solitaria e letale, in Metroid Samus Returns per 3DS, remake totale e dilatato del secondo episodio della saga distribuito nel 1991 per Game Boy. Sebbene l’intreccio sia lo stesso dell’originale il videogame in questione è il Metroid in due dimensioni più vasto mai congeniato, un compendio esemplare e smisurato della serie sviluppato dagli spagnoli di Mercury Steam con la supervisione di Yoshio Sakamoto. Torniamo dunque sul pianeta SR388 con lo scopo di eliminare definitivamente i superstiti della specie dei Metroid, gelatinosi organismi medusoidi e zannuti che prosciugano l’energia vitale degli altri esseri viventi.

Non appena atterriamo sul tetro pianeta percepiamo quel senso di smarrimento e minaccia che rende unici gli episodi migliori di Metroid, una solitudine cosmica e fantascientifica ci accompagna mentre esploriamo i dedali di sotterranei e caverne nei quali si muovono solo orripilanti minacce tra disumane meraviglie geologiche di cristalli violacei, paludi tossiche, laghi roventi di lava, stagni putridi sulle cui acque colano incessanti le gocce acide di stalattiti deformi. Ci sono anche gli antichi ruderi di un’illuminata civiltà decaduta e tra questi relitti di un passato ancestrale troviamo i potenziamenti dei quali Samus ha bisogno per proseguire nella sua esplorazione e disinfestazione, perché questo labirinto alieno può essere visitato gradualmente, solo tramite l’acquisizione di nuovi poteri che consentono di raggiungere zone dapprima inaccessibili.

Come la maggior parte di episodi della serie, Metroid Samus Returns non è un videogame facile e ci costringe ad evolvere il virtuosismo necessario per sopravvivere a micidiali ostilità; in questo caso non c’è un pulsante del 3DS che non sia utile e al principiante potrà sembrare ostico “suonare” la console portatile, sebbene successivamente, con la prassi, la si domini come un musicista una tastiera.

Senza ricorrere agli artifizi narrativi di derivazione cinematografica, Mercury Steam costruisce un racconto ermetico fondato sull’esperienza del giocatore e su rare allusioni ad una trama più vasta, tuttavia l’impressione è quella di essere dentro una storia di fantascienza, di vagare tra le righe di un libro le cui parole si compongono dopo ogni passo e azione, scrivendosi direttamente nella nostra psiche grazie alla malia della virtualità elettronica.

Impressionante, soprattutto se ascoltata con le cuffie, è la colonna sonora del veterano “metroidiano” Kenji Yamamoto, che riassume in un nuovo e spaventoso arrangiamento i ritmi, le armonie e le melodie più velenose ed epiche della saga.

Viaggio verso il cuore di tenebra di un pianeta micidiale, Metroid Samus Returns celebra la grandezza di un personaggio la cui fragilità e femminilità sono evidenti solo nello straziante momento del Game Over, quando vediamo la sua corazza sfaldarsi e rivelare una lunga chioma bionda e una fisionomia di donna disperdersi nel nulla della morte digitale. Inoltre Samus non è solo un’algida assassina di pericolose mostruosità, possiede infatti una coscienza empatica che si rivelerà in tutta la sua universale dolcezza nei momenti finali del gioco, quando l’ultimo Metroid sopravvissuto, un cucciolo, la scambierà per la madre, un evento fondamentale e celeberrimo, ma sempre commuovente in maniera tenera e orripilante.