Film commoventi, romantici, politici a sostegno e testimonianza di una società da ricostruire e soprattutto di grandissimo successo: sono quelli di Juan José Campanella per l’Argentina. E in qualche caso distribuiti anche in Italia, come Il segreto dei suoi occhi, candidato all’Oscar.
Con lo stesso trasporto è stato accolto Metegol (è il calciobalilla in argentino, basta andare in Cile e si direbbe tacataca, in Spagna futbolìn) il film d’animazione latino più costoso di tutti i tempi e quello che ha incassato di più in assoluto in Argentina. Con altrettanto entusiasmo è stato applaudito al Festival del Film di Roma da un pubblico composto per lo più da padri che accompagnavano figli e amici dei figli (e che ridevano nei momenti giusti nonostante fosse in lingua originale con sottotitoli).

Si tratta di un’animazione in 3D e non è una forzatura il 3D, visto che a prendere vita in Metegol sono proprio gli omini di legno, una versione atletica di Pinocchio moltiplicata per undici. Qui c’è una cittadina e tutto ruota attorno alla sua piazza, con la statua del fondatore e nel bar c’è Amadeo, un campione indiscusso del gioco, concentrato a sviluppare una tecnica del triplo mulinello, finché non entra a sfidarlo il Grosso, il solito bullo che perde miseramente. Ma poiché non è abituato a perdere, si allea con un manager che ha in mente una completa trasformazione della città: via la piazza, il piccolo bar e al loro posto il maestoso Universal Astro Gol, con lo stadio più grande del mondo. Tutto viene spazzato via dalle ruspe, è la fine di un mondo, ma le lacrime di Amadeo nella discarica dove cerca di ritrovare il suo amato calciobalilla «rimette» in vita i suoi giocatori. Chiunque abbia preso sempre i rossi o i blu, sa di cosa si parla, qui i colori sono a strisce (e granata gli avversari, da cui il coro: «meglio morto che bordò»), guidati da Capi, ala sinistra e capitano, con El Beto attaccante vanitoso, El Loco, l’hippy della squadra, el Chino (ma è coreano). Spronato dalla sua squadra Amadeo riuscirà a ritrovare la fiducia, liberare la sua amata Laura dal Grosso e addirittura sfidarlo su un vero campo da gioco, quello più grande del mondo.

Del regista di La luna de Avellaneda, il club social in rovina per la crisi economica, che si riprende grazie alla solidarietà del gruppo rimesso insieme grazie a un sognatore, anche in Metegol ritroviamo i temi della distruzione che viene fronteggiata anche se sembra non ci sia più niente da fare, con nemici troppo forti, e lusinghe indirizzate al popolo: il sindaco della città che viene portato via in elicottero non si sa bene da chi e non ha più voce in capitolo, i simbolici giganteschi topi da fogna che spadroneggiano, la trasformazione della città in una specie di baraccone con lo slogan «non si può bloccare il progresso». Tutto porterebbe a pensare che non ci sia una via d’uscita ma quando tutto è perduto, ancora una volta l’unione fa la forza, proprio come in una squadra in cui un allenatore deve sapere come mettere in valore il talento e le capacità di ogni elemento per quanto bizzoso o stravagante. Forse è proprio l’elemento di coesione verso un obiettivo comune quello che più attrae Campanella.

Quando lo avevamo incontrato Campanella alla presentazione di El secreto de sus ojos gli avevamo chiesto, en passant, se teneva per il Boca o per il San Lorenzo e da lì era venuto fuori il nuovo progetto a cui stava lavorando, proprio un film sul calcio. «A me non piace il calcio, ci aveva detto, non partecipo di questa passione generale. Vivo in una società calcistica, in tv ci sono 60 canali e 35 sono dedicati al calcio, la gente segue anche il campionato greco (la gente qui non sa neanche chi è Socrate, il filosofo intendo), i campionati di Spagna e Italia li vive come fosse calcio argentino. Io sono la voce non calcificata del team degli autori, basta già Eduardo Sacheri che è un esperto di calcio, lui è tifoso dell’Indipendiente». Bisogna dire però che ha saputo mettere a piene mani nel progetto le sue qualità di tenerezza, profondità e umorismo.

La fotografia è di Felix Monti, geniale artista di tutti i grandi film argentini da La historia oficial di Puenzo, a Tangos l’esilio di Gardel di Solanas a La niña santa di Lucretia Martel. Il film è tratto Dal romanzo Memorie di un’ala destra (Memorias de un wing derecho) di Roberto Fontanarrosa (e qui viene in mente il risibile sceneggiato La farfalla granata, su Gigi Meroni, ala destra anche lui, andato in onda lunedì su Raiuno: dopo Olivetti, un altro fumetto d’amore per evitare di parlare dei grandi movimenti politici e di trasformazione culturale nel nostro paese).