Uno dei simboli per eccellenza dell’Occidente, il rock, ha pagato con il sangue, in una sola sera, tutto quanto ha rappresentato nei cinquant’anni della sua storia. Ma questa è retorica che, sedimentato il panico, deve lasciare spazio ad argomentazioni che vanno ben più in là delle abitudini di una civiltà. Purtroppo tutti ci siamo trovati nel marasma, ed è ovvio che qualcuno abbia perso la testa, come l’editorialista Giorgio Dell’Arti della Gazzetta dello Sport, che ha scritto che i componenti della band degli Eagles of Death Metal: «se la sono date a gambe levate al primo scoppio e ne sono usciti illesi». A parte il farli passare inutilmente da vigliacchi, nemmeno c’è stata voglia d’informarsi sulla morte del responsabile del merchandising del gruppo, Nick Alexander. Si scrive veloce, si ragiona poco e cresce la confusione.

Dopo la strage al Bataclan anche i musicisti e le band, oltre a condannare l’accaduto, si sono trovati di fronte a scelte difficili, in brevissimo tempo. Reazioni diverse ma in ogni caso condivisibili: chi ha interrotto il tour, come i Foo Fighters di Dave Grohl, il quale aveva collaborato con gli Eagles of Death Metal ed ha scritto: «Non c’è altro modo per dirlo. Tutto ciò è pazzesco e fa schifo». O Prince i cui concerti europei sono stati sospesi. Comprensibile, prima di tutto perché il disordine di questi giorni non garantisce l’umana leggerezza che si vorrebbe mentre si assiste a un concerto. E poi per la sicurezza, con i fan e i collaboratori sempre in pericolo. Allo stesso modo si sono mossi i Coldplay e gli U2, fra i primi ad omaggiare le vittime al Bataclan. Silenzio per riflettere, a costo di fermare le poderose macchine dello show. Ma interrompere la macchina significa anche piegarsi alla paura e non alimentare quell’economia su cui tanti, dagli attrezzisti ai fonici ai locali, contano per vivere. Madonna ci sarà quindi per i tre concerti che la vedranno, da venerdì, a Torino. L’altro ieri ha ringraziato il pubblico di Stoccolma per l’amore con il quale è riuscito a trasformare le tenebre in luce. Raddoppiate a Torino le misure di sicurezza e l’uso di cani antiesplosivo, anche allo stadio in vista del match Juventus – Milan di sabato.

Il lutto è stato condiviso anche dagli artisti italiani. In un lungo post su Facebook, Jovanotti ha scritto: «Oggi il dolore e lo sgomento, domani l’impossibilità di dimenticare e tutte le misure necessarie da adottare e i sistemi da rafforzare, ma già da subito rimettersi in cammino verso la prossima partita di calcio, la prossima passeggiata, il prossimo concerto da andare a sentire». Tiziano Ferro, questa sera al Mediolanum Forum: «La musica mi ha sempre aiutato nei momenti peggiori ed è per questo che la musica non si deve fermare. Per riflettere, per stare insieme e andare avanti, senza timore». Sullo stesso tono anche Gianna Nannini, Marracash (con un laconico: «Da domani sarà tutto peggio») e molti altri.

Il problema resta la sicurezza, ma fino a un certo punto. È chiaro che siamo di fronte a circostanze incontrollabili, al limite della ragione umana. La musica probabilmente è solo un pretesto, emblematico certamente, ma che ha come denominatore comune l’assembramento di gente, come in ogni qualsiasi festa. Intanto i promoter, fra i quali Live Nation e AEG Live, stanno discutendo su come aumentare i protocolli di sicurezza del pubblico. Sembrava assurdo vedere scuole con il metal detector o poco plausibile la tessera del tifoso. A breve, quando compreremo il biglietto di un concerto, è presumibile che dovremo presentare il certificato penale. Nemmeno Ray Bradbury avrebbe immaginato tanto.