Come ampiamente annunciato, l’oligarca Poroshenko ha stravinto le elezioni presidenziali al primo turno raccogliendo oltre il 55 percento dei voti (l’affluenza è stata del 60 percento). Analogamente, l’ex pugile Klitschko sarà il nuovo sindaco di Kiev, dopo aver rinunciato alla corsa alle presidenziali, proprio in favore del «re del cioccolato».

La vittoria di Poroshenko, però, ha un grande handicap, perché arriva grazie ai voti solo di metà del paese. Le regioni orientali di Donetsk e Lugansk, infatti, hanno tenuto aperti pochissimi seggi, chiudendoli quasi tutti; si può affermare dunque che metà paese ha scelto Poroshenko come presidente, mentre l’altra metà si è dichiarata Stato come «Nuova Russia», annunciando la prossima richiesta di annessione alla Federeazione russa. Poroshenko ha ricevuto anche i complimenti del presidente statunitense Obama, nonostante nella giornata della sua elezione si sia continuato a combattere, con altri morti nelle regioni orientali e costanti attacchi dell’esercito ucraino. Elezioni ottenute a colpi di mortaio, che da giorni costituiscono la caratteristica principale con cui Kiev ha cercato di imporre la consultazione a tutto il paese.
Il dato della vittoria di Poroshenko, apre in ogni caso nuovi scenari.

L’oligarca, 1,3 miliardi di dollari di patrimonio, oltre all’industria di cioccolato che lo ha reso noto nel mondo possiede anche – come ogni politico che si rispetti – un canale televisivo e partecipazioni in un gruppo che gestisce altri media. Ha promesso che al termine dell’elezione, dopo l’investitura a presidente, abbandonerà i suoi asset; secondo quanto dichiarato sarebbero già al lavoro avvocati . Vedremo, nel frattempo la sua figura moderata, unico dello scorso esecutivo ad avere una notorietà mondiale (e saper parlare inglese) già ministro durante il governo Yushenko (l’oligarca appoggiò la rivoluzione arancione) e ministro dell’economia durante la passata presidenza di Yanukovich, viene considerato un interlocutore credibile anche nei confronti della Russia.

Poroshenko, dopo i dati elettorali, ha ribadito che il paese non entrerà nella Nato, ha specificato di privilegiare il dialogo con l’Unione europea («il mio programma presidenziale è l’accordo di associazione» con la Ue, ha sintetizzato in un comizio elettorale, confermando anche ieri sera che «gli ucraini hanno scelto l’integrazione europea») e di considerare la Russia «un vicino senza il quale non è possibile garantire la sicurezza dell’Ucraina». Ha richiesto indietro la Crimea, senza troppa enfasi e promesso un impegno del suo governo per la creazione di nuovi, tanti, posti di lavoro.
Ha infine annunciato il suo primo viaggio nel Donbass, (mentre il primo paese estero che visiterà sarà la Polonia, stando alle prime indiscrezioni) proprio tra la popolazione ucraina che non l’ha votato. La sua presenza però potrebbe davvero essere foriera di nuovi compromessi.

Rispetto alle regioni orientali, che ieri hanno minacciato la nazionalizzazione delle aziende di un altro oligarca, Akhmetov, la sua figura è sganciata dall’estrema destra che ha avuto un ruolo così importante a Majdan. A questo proposito è da notare come Svoboda e Settore Destro, le due forze di estrema destra più forti sul campo, abbiano in realtà raccolto meno del 2 percento nel computo elettorale. Nonostante il suo iniziale apoggio ai manifestanti di Majdan, meglio Poroshenko, quindi, di Tymoshenko, che ha preso solo il 12 percento e che al momento di votare, ripresa dalle televisioni locali, aveva promesso l’adesione alla Nato in caso di vittoria alle elezioni. Più uomo d’affari che politico, Poroshenko, specie rispetto alla zarina del gas, potrebbe essere un candidato più gradito anche per Putin, che non a caso, fiutando l’aria, aveva garantito di rispettare l’esito del voto, pur sottolineandone le «irregolarità».

Per mantenere la pressione sulle nuove autorità ucraine, inoltre, ieri la Russia ha mandato il premier Medvedev in Crimea. Un gesto che Kiev ha considerato «provocatorio». Nel frattempo ieri i filorussi hanno comunicato che «la residenza di Akhmetov (oligarca che nei giorni scorsi aveva schierato gli operai delle sue miniere contro i separatisti, ndr) è ora «sotto il controllo delle milizie» separatiste. «Stiamo negoziando con i rappresentanti di Akhmetov» per arrivare alla nazionalizzazione, e «ottenere il pagamento delle tasse».