Messina è la tredicesima città italiana per abitanti, la terza città metropolitana della Sicilia, una città con una grande storia alle spalle che sta morendo a fuoco lento per via del Presidente del Collegio dei Revisori Conti, dottore Dario Zaccone, che da cinque mesi blocca la giunta Accorinti, impedendogli di approvare il bilancio previsionale 2015. Per capire come stanno le cose dobbiamo fare un passo indietro.
Renato Accorinti è stato eletto sindaco della città di Messina nel giugno del 2013 dopo uno spareggio con Felice Calabrò, esponente del Pd sostenuto dall’ex onorevole Francantonio Genovese.

Al primo turno Accorinti, uno dei leader del movimento No Ponte e del movimento non violento italiano, aveva ottenuto il 23 per cento dei voti scavalcando il rappresentante di Forza Italia, l’on Garofalo, ma la sua lista «Cambiamo Messina dal basso» aveva ottenuto solo il 9% e quattro consiglieri. Calabrò che al primo turno aveva ottenuto il 49,9 per cento dei voti e non era stato eletto per soli 60 voti andò baldanzoso al ballottaggio, ma perse nettamente. Questa anomalia si è tradotta in un Consiglio comunale dove la giunta Accorinti poteva contare solo su 4 consiglieri su 40, con una parte consistente dei consiglieri legata strettamente al grande capo Francantonio Genovese, finito agli arresti domiciliari per essersi appropriato di oltre 800mila euro di corsi professionali finanziati dalla Ue, e oggi colpito da un altro capo d’imputazione per aver portato in Svizzera capitali per 16 milioni di euro.

Il 19 dicembre scorso, Genovese appena uscito dagli arresti domiciliari ed in attesa del processo, convoca una assemblea all’Hotel Royal per festeggiare il suo passaggio dal Pd a Forza Italia, partito al quale immediatamente aderiscono 11 consiglieri comunali Pd su 14, facendo così diventare Fi il primo partito del Consiglio Comunale di Messina ed il Pd l’ultimo o quasi. Non solo. Dal ritorno sulla scena di Genovese cambia tutto il panorama politico messinese e, soprattutto, cambia l’atteggiamento di Dario Zaccone, commercialista e consulente di alcune imprese che fanno capo all’impero di Francantonio Genovese, uno degli uomini più ricchi della Sicilia.

Da quel momento, Zaccone che negli anni precedenti aveva dimostrato di svolgere tranquillamente il suo mestiere, cambia registro e adotta una strategia di logoramento della giunta Accorinti: dal 9 dicembre ad oggi la giunta Accorinti ha approvato sette, dicasi 7 volte, il bilancio previsionale 2015 e regolarmente Zaccone ha espresso parere negativo. Per chi si intende anche un po’ di bilanci sa che approvare oggi un bilancio preventivo 2015 è un gioco da ragazzi. Nel senso che non c’è più nulla da «prevedere» e che, non trattandosi di un consuntivo dove possono sorgere problemi con i residui, si tratta di elencare le spese fatte. Semplice. Lo capirebbe anche un bambino, ma non avviene.

Nel frattempo viene arrestato Paolo David, già capogruppo Pd ed oggi Forza Italia, per voto di scambio mafioso e i consiglieri comunali tremano nuovamente. Come era successo nello scorso mese di novembre quando ricevettero un avviso di garanzia 23 consiglieri comunali per quello che fu chiamato lo scandalo di «gettonopoli», ovvero dei Consiglieri comunali che si prendevano un gettone di presenza senza partecipare ai lavori delle Commissioni, ma ponendo solo la firma.
Sono gli stessi Consiglieri che qualche giorno prima stavano raccogliendo le firme per sfiduciare Renato Accorinti che sembra sia nato sotto una buona stella perché ogni volta che sembra pronta la sfiducia succede qualcosa che la blocca. Ma, nulla può fare un’amministrazione dalle mani pulite quando il potere usa gli strumenti della burocrazia per distruggerti. E Zaccone è in buona compagnia: anche la Corte dei Conti ha chiesto il default del Comune, malgrado sia stato presentato da tempo al Ministero un Piano di rientro dal debito enorme (circa 500 milioni) accumulato dalle precedenti amministrazioni, comprese quelle di Genovese sindaco e successivamente del suo delfino Buzzanca. Una Corte dei Conti che già nell’aprile del 2014 dichiarava il Comune in pre-dissesto finanziario e stabiliva quali voci di spesa fossero ammissibili e quali non lo fossero (in primis la cultura e la promozione turistica). Un abuso di potere incredibile. Tu, Corte Conti puoi chiedermi di non sforare il tetto della spesa, ma non come devo spendere a casa mia. È come se una banca a cui chiedi un prestito ti imponga una lista della spesa, di ciò che puoi comprare o meno.

Così si affossa la democrazia che nei Comuni trova le sue fondamenta. Se la Ue attraverso lo strumento del debito sta ricattando interi paesi, non solo la Grecia, e piegandoli alla sua volontà, così in Italia governo centrale, con i continui tagli ai trasferimenti agli enti locali, e Corte dei Conti, che conduce una sua politica di austerity, stanno affossando i Comuni dove la maggioranza dei cittadini voleva cambiare registro.

Rettifica del 7 maggio 2018

In merito all’articolo apparso sull’edizione del 13 maggio 2016, intitolato “Come si affossa una giunta anomala”, è opportuno precisare, malgrado il tempo trascorso, che il bilancio di previsione per l’anno 2015 ricevette un solo parere formale negativo (e non sette, come fu ivi scritto), in data 7 maggio 2016, dal Collegio dei Revisori, presieduto dal dott. Dario Zaccone, essendo le precedenti versioni del bilancio state modificate in autotutela dalla giunta, a seguito dei rilievi informalmente sollevati dai Revisori, e che il dott. Zaccone non assunse un atteggiamento prevenuto nei confronti della giunta comunale, anzi il suo operato, durante la sua attività di Presidente del collegio dei revisori dei conti del Comune di Messina, è stato improntato alla massima correttezza, e non è stato condizionato da alcuno, essendo le valutazioni dallo stesso formulate di natura esclusivamente tecnica,  a differenza di quanto allora scritto dall’autore del pezzo, prof. Antonio Perna, la cui fonte di informazione era stata un assessore comunale successivamente dimessosi.

Ci scusiamo, pertanto, con il diretto interessato e con i lettori.

Tonino Perna e la redazione de il manifesto