55 persone morte. 85 uomini e 22 donne ferite. La grande maggioranza arriva dal Guatemala, alcuni da Honduras, Ecuador, Messico e dalla Repubblica Domenicana. È il conto provvisorio dell’incidente stradale che ha coinvolto un camion pieno di migranti all’altezza del ponte Belisario Domínguez, una zona di collegamento tra la capitale del Chiapas, Tutxla Gutierrez, e Chiapa de Corzo.

DEI MORTI NON SI SA ancora nulla perché non sono ancora iniziate le operazioni di riconoscimento. Luis Manuel García Moreno, segretario della Protezione civile, sostiene che l’autista stava conducendo il mezzo ad alta velocità quando ha perso il controllo in curva provocando il distacco della scocca e quindi l’impatto con i piloni in cemento del ponte.

La giornalista Ángeles Mariscal su Chiapas Paralelo riporta che «dal confine al luogo in cui è avvenuto l’incidente, ci sono almeno quattro posti di blocco. Il primo è al centro di controllo frontaliero che si trova tre chilometri prima dell’ingresso di Comitán; un secondo, gestito dall’Istituto nazionale per le migrazioni (Inm) e della Guardia nazionale, sei chilometri dopo Comitan; a questo posto di blocco ci sono agenti dell’Inm e della Guardia nazionale.

QUI VENGONO ISPEZIONATI tutti i veicoli merci e passeggeri che passano. Un altro posto di blocco è al chilometro 43 dell’autostrada Tuxtla – San Cristóbal de Las Casas; e un altro appena quattro chilometri prima del luogo dell’incidente». Malgrado questo il comandante della Guardia nazionale, Luis Rodríguez Bucio, ha dichiarato che il mezzo non avrebbe attraversato alcun posto di blocco.

I migranti, come hanno raccontato, sono stati portati, da diversi coyotes, prima a San Cristobal poi sono stati caricati, in oltre 150, sul camion, e quindi quasi certamente hanno transitato per gli ultimi due posti di blocco. La domanda che resta inevasa è come sia possibile che con la crescente militarizzazione della frontiera sud, e di tutto lo stato del Chiapas, imposta dalla presidenza di Lopez Obrador i diversi mezzi carichi di migranti si siano potuti muovere e il camion arrivare fino al punto dell’incidente.

DIVERSE ASSOCIAZIONI e centri dei diritti umani attaccano le politiche migratorie messicane che anche a causa delle pressioni Usa sono state inasprite. «La tragedia chiarisce ancora una volta che l’anonimato e le condizioni in cui i migranti sono costretti a muoversi sono mortali e una conseguenza di politiche migratorie fallite – scrivono in una nota congiunta -, la militarizzazione dei confini e delle rotte. La mancanza di accesso all’asilo e alle procedure di regolarizzazione costringe i migranti a rischiare la vita in un transito sempre più pericoloso».

APPOGGIARSI AI TRAFFICANTI non è certo una novità ma come succede al confine tra Messico e Usa più la frontiera si fa difficile da superare più le persone fanno affidamento ai coyotes, che si fanno pagare migliaia di dollari garantendo e promettendo ciò che non potrebbero, ovvero l’arrivo negli Stati uniti . Il giornalista guatemalteco Asier Vera ricorda: «Forse qualcuno penserà che l’incidente mortale in Messico impedirà alle persone di fuggire dal Guatemala per andare negli Usa. Chi pensa così ha completamente torto. La disperazione è tale che le persone continueranno a migrare, rischiando la vita».

Errata Corrige

Almeno 55 morti e 107 feriti nello schianto in Chiapas. Quasi tutti guatemaltechi. Invisibili nel sud militarizzato del Paese, disposti a tutto pur di arrivare negli Usa