In Messico, i famigliari dei 43 studenti scomparsi da due mesi hanno deciso di sospendere il previsto incontro con la Commissione nazionale di sicurezza: il governo – hanno detto – «non ha affrontato il tema con la dovuta serietà». Il rappresentante dei genitori, Felipe de la Cruz ha dichiarato che i quattro funzionari governativi che avrebbero dovuto presenziare alla riunione non si sono presentati: a riprova delle parole al vento, pronunciate dal presidente Enrique Peña Nieto nell’unico incontro sostenuto con i famigliari dei «normalistas». I ragazzi mancano dal 26 settembre, quando una sanguinosa repressione attuata da polizia locale e narcotrafficanti ha colpito gli studenti delle combattive scuole rurali messicane, che manifestavano contro i tagli alla spesa pubblica del neoliberista Nieto. Finora, nonostante le confessioni di alcuni pentiti, gli studenti scomparsi non risultano fra i resti carbonizzati rinvenuti nei pressi di Iguala, dov’è avvenuta la repressione. E si continua a cercare e a manifestare, con picchetti e blocchi stradali. Intanto, rimangono in carcere gli arrestati a seguito della grande giornata di piazza, realizzata il 20 novembre a Città del Messico: 11 giovani, imputati di pesanti reati in base alla legislazione d’emergenza contro «terrorismo e narcotraffico».

Ieri, le autorità hanno negato quanto denunciato dalla tv francese France 24 in base a testimonianze di famigliari: la scomparsa di 31 studenti di una scuola secondaria di Cocula, nel Guerrero, lo stato in cui si è verificato il massacro di Iguala (per il quale è stato arrestato il sindaco e il governatore è in fuga). Secondo l’inchiesta giornalistica, i ragazzi sarebbero stati prelevati a luglio da uomini armati in divisa azzurra, che si sono spacciati per polizia e hanno minacciato di uccidere gli studenti se i genitori avessero denunciato i fatti alle autorità.

E ieri si è avuta anche notizia di un altro omicidio, quello di un attivista messicano che aiutava i migranti centroamericani in viaggio su un treno chiamato «la Bestia». È stato ucciso a colpi di pistola insieme a un altro militante honduregno. Episodi che, in un paese ad altissimo tasso di omicidi contro giornalisti e sindacalisti, non avrebbero fatto notizia. Ma il massacro di Iguala e la scomparsa dei 43 ragazzi sembra aver scosso le coscienze e ri-mobilitato la società messicana. Per il presidente Nieto, questa è la crisi più profonda che ha dovuto affrontare dalla sua elezione (1 dicembre del 2012). Coinvolto anche in uno scandalo per interessi privati nella concessione di appalti e nell’acquisto di una casa multimilionaria della moglie, Nieto ieri ha presentato le ricette anticrisi e per la sicurezza. La domanda che sale dalla piazza chiede però ben altre riforme strutturali: un indirizzo inverso a quello imboccato da Nieto in linea con Washington e Fondo monetario internazionale.