Mentre la nazionale di calcio messicana, si rivelava la sorpresa del Mondiale, il Messico ha vissuto la campagna elettorale più sanguinosa della sua storia. E anche se per alcuni il sangue che scorre rappresenta ancora la normalità, per la società civile si è raggiunto il limite. Il cambio è necessario e ha il nome di Andres Manuel Lopez Obrador (Amlo), il candidato che ha come priorità la fine della corruzione. Nonostante i consensi pero, sono in molti gli scettici che vedono inattuabile il programma di Amlo.

Lo scetticismo politico ha in realtà radici ben più profonde in questa terra abituata a una rivoluzione al secolo. Sono molte le persone che vivono nella totale assenza di diritti basici e che hanno deciso di prenderseli da sole, si sono organizzate e oggi un numero sempre più crescente di comunità sta facendo un passo verso l’autonomia dallo stato.

Le basi sono state gettate dall’Ezln a seguito della loro rivoluzione del ’94, con gli accordi di San Andrés, in cui lo Stato riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli nativi, i quali possono ricorrere a politiche più affini ai loro usi e costumi.

Oggi quindi si vota, ma i seggi non sono potuti entrare in tutte le città. Cherán è stata tra le prime comunità a conquistare l’autonomia. La cittadina del violento stato del Michoacan, ricca di legname, era stata presa di mira da un cartello malavitoso, che con la violenza e la corruzione aveva deforestato completamente l’area per vendere il legname a multinazionali nordamericane. Gli abitanti, per paura, avevano smesso di frequentare i loro boschi, ma poi, non avendo niente da perdere, hanno iniziato una guerra al cartello a partire dalla polizia, che è stata disarmata e scacciata.

Oggi Cherán è municipio autonomo, gestito secondo usi e costumi locali. Da sei anni le decisioni si discutono pubblicamente, ogni persona partecipa attivamente alla vita politica. Il municipio di Cherán è un foro che non dorme mai. Hanno rimboschito, facendo tornare le temperature e gli equilibri di un tempo, il vivaio è diventato una fonte di guadagno, la resina dà lavoro a 500 persone senza la necessità di segare alberi e stanno cercando di usarla come combustibile. Cherán è una delle poche città in Messico che ricicla tutta l’immondizia. I guadagni vanno tutti al municipio che sta incrementando la cultura e migliorando le infrastrutture.

 

Polizia comunitaria a Cherán (foto di Alessandro Parente)

 

Altra autonomia è quella della Nazione Com Caac, la più antica cultura d’America. I ComCaac sono stati costretti a lasciare la loro isola negli anni ’70, lo Stato, pero, ha dovuto garantire loro l’indipendenza politica. Per ripicca, però, non offre loro alcun servizio. Ma i ComCaac, con l’aiuto dalla società civile, stanno migliorando la loro organizzazione.

Purtroppo gli sforzi zapatisti per portare una donna indigena alle elezioni sono andati in fumo e Marichuy non è tra i candidati. Molti indigeni, quindi, di fronte al solito panorama politico, che non si è occupato dei loro problemi neanche in campagna elettorale, iniziano a credere che l’unica strada sia l’autonomia.

Nello stato di Michoacan i popoli Purepecha hanno bruciato i seggi elettorali. La città di Nochixtlan, che ha visto uccidere 13 persone per mano della polizia federale nel giugno 2017, dopo aver cacciato polizia e politici cerca una propria via democratica. Nello stato di Oaxaca l’amministrarsi secondo usi e costumi propri è già consuetudine e le comunità di quelle montagne stanno vivendo un incredibile rinascimento culturale.

Queste elezioni sanciscono una spaccatura tra le città e le comunità indigene, che iniziano ad avere abbastanza esempi e capacità per capire che indirizzando gli sforzi al bene comune si ha tutto da guadagnare.