Debanhi Escobar aveva 18 anni. L’8 aprile era andata a una festa con le amiche e poi aveva preso un taxi per tornare a casa, da cui era scesa poco prima delle 4.30 di mattina lungo la strada di Nuevo Laredo, nel municipio di Escobedo, nello stato di Nuevo León. I messicani la conoscono come “strada della morte”, essendo controllata in vari punti dal crimine organizzato.
In base alle foto pubblicate dal quotidiano messicano Milenio, il conducente sembrerebbe allungare il braccio sul seno della giovane, la quale si pensa che abbia reagito alla molestia sessuale scendendo dal taxi. Da una videoregistrazione appare sola, accanto all’impresa di trasporti Alcosa, dove si presume che cercasse aiuto, ma invano.

È L’ULTIMA IMMAGINE che si ha di lei, prima che il suo corpo senza vita venisse localizzato, il 21 aprile, «in una cisterna d’acqua», all’interno della struttura del vicino Motel Nueva Castilla, grazie all’allarme dato dagli impiegati, richiamati dal cattivo odore. L’autopsia avrebbe indicato la causa della morte in una forte contusione alla testa, benché, secondo altre fonti, si sarebbero riscontrati colpi in altre parti del corpo.
Si sarebbe trattato solo di un incidente, a detta della Procura di Nuevo León: la giovane avrebbe scavalcato la recinzione del motel e sarebbe caduta nella cisterna. Ma la versione, in realtà piena di incongruenze, non convince affatto i genitori di Debanhi, che chiedono una nuova perizia. «È stato un omicidio, non mi fermerò finché non sarà fatta chiarezza», ha assicurato Mario Escobar, il padre di Debanhi.

Il caso ha scosso in profondità il paese, provocando l’indignazione delle donne, scese in strada a Monterrey, il capoluogo di Nuevo León, contro l’ondata di femminicidi e l’aumento dei casi di scomparsa, particolarmente frequenti tra le giovani dai 14 ai 19 anni. «È una tragedia umanitaria. Il caso di Debanhi è solo la punta dell’iceberg di quanto avviene in questo stato», ha dichiarato Leticia Hidalgo, fondatrice delle Fuerzas Unidas por Nuestros Desaparecidos en Nuevo León (Fundenl).

UNA TRAGEDIA di fronte a cui la risposta delle autorità, secondo un’altra rappresentante delle Fundenl, Angélica Orozco, è sempre la stessa: «Criminalizzare le vittime e voltarsi dall’altra parte. Tutto, meno affrontare quanto sta avvenendo. E, se non si riconosce quello che succede, non si può combattere». Non è un caso che la Procura locale non abbia esitato a ricondurre la maggior parte dei casi di scomparsa alla disobbedienza delle giovani e alla mancanza di comunicazione in famiglia.
Eppure, secondo i dati del Registro de Personas Desaparecidas y No Localizadas, in Nuevo León, da gennaio a metà aprile, sono scomparse addirittura 327 donne, di cui 33 ancora non rintracciate e 5 trovate morte, a cui ora si è aggiunta anche Debanhi. Tra loro la 27enne María Fernanda Contreras, trovata senza vita il 7 aprile nell’area industriale di Apodaca, uccisa da una serie di forti colpi alla testa. Mentre non si sa ancora nulla di Allison Campos, 12 anni, Sofía Izaely Sánchez (14), Paulina Solís e Celeste Tranquilino (16), Karen Valencia (24) e Yolanda Martínez (26), tutte scomparse tra fine marzo e inizio aprile.

MA È IN TUTTO IL MESSICO che la situazione non fa che peggiorare: in base ai dati del Sistema nazionale di sicurezza pubblica, da gennaio a marzo si sarebbero registrati 229 femminicidi e, nel solo mese di marzo, 2.287 casi di violenza sessuale. Mentre, secondo l’Observatorio ciudadano nacional del feminicidio, costituito da 40 organizzazioni di 22 stati, le donne verrebbero assassinate al ritmo di 10 o 11 al giorno.