El Chapo Guzman è di nuovo dietro le sbarre. La polizia messicana ha catturato il capo del cartello di Sinaloa scatenando su Twitter l’euforia del presidente Enrique Peña Nieto: «Missione compiuta, lo teniamo. Voglio informare i messicani che Joaquin Guzman Loera è stato arrestato», ha scritto il presidente ringraziando le forze di sicurezza «per questo importante risultato a favore dello Stato di Diritto in Messico».

Parlare di stato di diritto in un paese trasformato in un cimitero dalle politiche «per la sicurezza e contro il narcotraffico», seguite da Nieto e dai suoi predecessori (e decise da Washington) suona perlomeno incongruo: tantopiù dopo le informative di fine anno delle organizzazioni per i diritti umani che denunciano il Messico come uno degli stati più pericolosi al mondo per la libertà di stampa e per le opposizioni.

Le politiche per la sicurezza spianano la strada al gigantesco piano di privatizzazioni neoliberiste che ha portato avanti Nieto. Come ha dimostrato la vicenda dei 43 studenti normalistas scomparsi, uccisi dall’azione congiunta di polizia municipale e narcotrafficanti, i costi vengono pagati dai contadini e dai sindacalisti, uccisi e fatti scomparire nelle zone ricche di risorse, dove i profitti s’intrecciano al flusso della droga diretto negli Stati uniti.

La cattura del Chapo – uno degli uomini più ricercati del mondo – arriva come una manna per Nieto. Per arrestare Guzman nella città di Los Mochis (a Sinaloa, nel nord-est del paese) è stata impiegata anche la Marina, che ha mostrato il nutrito arsenale trovato in possesso del bandito. Secondo la versione ufficiale, l’operazione ha preso avvio a seguito di una denuncia anonima e ha portato all’uccisione di cinque narcos e all’arresto di altre sei. Anche un militare sarebbe rimasto ferito. Un bilancio tutto a favore delle forze governative, nonostante l’arsenale e la decisione dimostrata dal narco in altre occasioni.

El Chapo ha sempre goduto di protezioni altolocate, soggette a glorie e rovesci che lo hanno portato a volte in carcere e altre a spettacolari evasioni. L’anno scorso ha lasciato il carcere di massima sicurezza di El Altipiano attraverso un tunnel chilometrico. A ottobre è poi sfuggito per un pelo alla cattura ricavandone ferite al volto e a una gamba. La prima fuga di El Chapo, che nella sua zona è ancora venerato e considerato un Robin Hood, data del 2001. Allora, il narcotrafficante scappò nascondendosi in un furgone della lavanderia e ha resistito in clandestinità per 13 anni. Certo, i mezzi non gli mancano. Secondo la rivista Forbes è uno degli uomini più ricchi del mondo. La sua fortuna supera 1.000 milioni di dollari. El Chapo è l’unico delinquente (dichiarato) che figura nella lista dei paperoni come l’imprenditore messicano Carlos Slim (al 25mo posto a fronte del 48mo di Guzman). Per la costruzione del tunnel che gli ha permesso di riconquistare la libertà pare abbia pagato 50 milioni di dollari.