Trascorreranno un Primo maggio nell’angoscia, le famiglie dei contadini e dei trasportatori sgomberati con violenza giovedì notte mentre bloccavano un’autostrada nello stato del Guerrero, in Messico. I manifestanti hanno denunciato la scomparsa di 100 compagni e il ferimento di altre 200 persone. Il bilancio della polizia parla invece di 73 detenuti e 10 feriti, tra i quali quattro poliziotti federali con pallottole in corpo. Durante l’operazione, sarebbero stati requisiti 31 veicoli, molti dei quali risultati rubati, cinque fucili (uno dei quali provvisto di lanciagranate) in dotazione alle forze armate, cinque pistole, bombe a mano e anche un chilo di polvere bianca che «potrebbe essere cocaina». Secondo la versione ufficiale, la polizia sarebbe stata attaccata a colpi di arma da fuoco, che avrebbero anche provocato la morte di un giovane che dormiva nelle vicinanze.

I rappresentanti delle organizzazioni Union de Pueblos de la Sierra de Guerrero (Upsg) e del Consejo de Autotransporte del Estado (Cae) hanno però respinto la ricostruzione, sostenendo che sarebbe stata la polizia a mettere armi e droga. Hanno sostenuto, invece, che molti dei 200 feriti da pallottole sono gravi e che fra gli scomparsi vi sarebbero anche tre minori. In una conferenza stampa, i famigliari dei feriti e dei ricercati hanno affermato che i manifestanti si sono recati alla protesta disarmati e con l’intenzione di chiedere un incontro con il governatore Hector Astudillo Flores. Per questo, sono state presentate denunce presso la Commissione di difesa dei diritti umani del Guerrero (Coddehum). Un funzionario dell’organismo ha visitato alcuni degli arrestati e ha confermato che i pestaggi e l’isolamento.

I manifestanti chiedevano al governatore di istituire – come aveva promesso – un tavolo di trattativa in merito alle richieste di salute, lavoro e sicurezza poste dalle organizzazioni popolari. I piani di privatizzazione selvaggia, decisi dal presidente Henrique Peña Nieto, hanno portato al licenziamento di migliaia di lavoratori (oltre 10.000 solo alla Pemex). Nelle zone ricche di risorse naturali, che però non vanno a beneficio dei settori popolari, spesso ai giovani non resta che finire al soldo dei cartelli della droga. Quando, invece, scelgono la dignità e l’impegno, ci pensa la violenza dello stato: com’è accaduto ai 43 studenti della Normal rural di Ayotzinapa, scomparsi a Iguala il 26 settembre del 2014.

Quel giorno, i normalistas stavano organizzando una manifestazione contro la discriminazione di cui sono oggetto le loro combattive scuole rurali. Vennero però attaccati da polizia locale e narcotrafficanti e di loro non si seppe più nulla. Lo stato del Guerrero, col suo intreccio di mafia e politica (cifra prevalente del Messico), è balzato così all’attenzione del mondo. Secondo la versione ufficiale, sarebbero stati bruciati nella discarica di Cocula. Ricostruzione smentita dalla Commissione di esperti Onu, che ha rilevato pesanti depistaggi, omissioni e ostacoli e ha chiamato in causa le responsabilità dello stato e delle forze armate.

La Commissione ha chiesto di poter proseguire le indagini secondo le piste emerse, ma il governo ha rifiutato. Ieri, gli esperti hanno lasciato il Messico, fra le proteste dei famigliari degli studenti.Un rapporto del gruppo Onu sulle sparizioni forzate o involontarie (Gtdfi) ha registrato un aumento del numero degli scomparsi, che ora ammonta a 27.659. Ai primi posti, vi sono gli stati del Guerrero, di Tamaulipas e di Veracruz.Tuttavia, la Ley General de Desapariciones Forzadas resta lontana dalle priorità del governo. Non per niente, secondo un’inchiesta divulgata a marzo di quest’anno dall’Istituto di investigazioni giuridiche della Unam, il 92% della popolazione messicana non ha fiducia nelle autorità municipali, statali o federali.