«Fuera Peña!» In oltre 60 città messicane, la piazza ha festeggiato così i due anni di presidenza del neoliberista Enrique Peña Nieto: gridandogli di andarsene e bruciando i suoi ritratti. Manifestazioni, occupazioni di giornali e tv, e blocchi stradali hanno animato ieri la giornata di Paro Civico Nacional. Altre proteste simboliche si sono svolte nelle piazze più importanti della capitale. Una mobilitazione nata dopo il massacro di Iguala e la scomparsa di 43 studenti “normalistas”, i cui nomi hanno fatto il giro del mondo. I ragazzi mancano dal 26 settembre, quando la repressione congiunta di polizia e narcotrafficanti ha represso nel sangue una protesta per la scuola pubblica animata dalle combattive scuole Normal Rural. Gli scomparsi appartengono alla Ramon Isidro di Ayotzinapa, nello stato del Guerrero, dove più forti sono da allora le mobilitazioni.

Attraverso le reti sociali, collettivi, sindacati e organizzazioni popolari hanno svegliato una bella fetta di società messicana, che sembrava rassegnata a subire l’intreccio tra mafia e politica che pervade tutte le strutture del potere. Dopo il massacro di Iguala e la scoperta di numerose fosse comuni clandestine, le migliaia di scomparsi non sono più una consuetudine e nessuno sembra più voler tornare indietro. Si moltiplicano le Carovane informative come quella delle madri migranti, alla ricerca di figli scomparsi. La crisi investe tutte le rappresentanze politiche coinvolte nella gestione del potere. «Tutte le istituzioni messicane sono al servizio della mafia», ha detto l’ex candidato alla presidenza Manuel Lopez Obrador. Il leader del Movimento Regeneracion Nacional (Morena), ha chiesto la rinuncia di Nieto: durante la sua presidenza – ha affermato – sono stati distribuiti oltre 300 miliardi di pesos per le grandi opere e appalti poco chiari. Mesi fa, Obrador ha annunciato la sua candidatura alle presidenziali del 2018, promettendo di abolire quattro riforme imposte da Peña Nieto all’insegna della precarietà e delle privatizzazioni: quella del lavoro, dell’educazione, quella fiscale e quella energetica. Obrador ha anche espresso soddisfazione per la liberazione degli 11 studenti arrestati dopo l’oceanica manifestazione del 20 novembre.

L’onda di cambiamento che sale dalla società messicana e soprattutto dai giovani non consente però grandi spazi alle rappresentanze tradizionali. E da più parti sale la richiesta di nuove forme di organizzazione a partire da questo forte movimento popolare. «Avevamo paura che ci facessero scomparire», hanno detto gli undici studenti, rilasciati per «mancanza di prove». Fra loro, anche un cileno, per la cui liberazione si era mobilitato il governo di Michelle Bachelet, e che è stato festeggiato dagli studenti del suo paese.
Ieri, sono andate in Messico anche le Nonne argentine di Piazza di Maggio: «Vivi li hanno presi e vivi li vogliamo», ha detto Estela Carlotto mostrando le foto dei 43 scomparsi.