Cultura

Mescolanze di identità interrogano l’ignoto

Mescolanze di identità interrogano l’ignotoTiebele ©Jaime Herraiz per Kéré Architecture

MOSTRE A proposito della XXIII edizione della Triennale di Milano. «Unknown Unknows» è il titolo della mostra visitabile fino all’11 dicembre 2022

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 16 luglio 2022

Di certo complicata, ma piena di suggestioni, l’ideazione della XXIII edizione della Triennale di Milano che per certi versi lascia il nostro malridotto pianeta, colpito da così numerosi «shock globali» – dallo sfruttamento delle sue risorse naturali alla crisi pandemica – per dirigersi verso la «sfera dell’ignoto»: quello geografico degli oceani e astronomico del cosmo ma più in generale quello annidato nella nostra mente, o per meglio dire attinente la conoscenza messa alla prova di ciò che «non sappiamo di non sapere».

ARTISTI E FILOSOFI, architetti e designer, storici e attivisti vari hanno, quindi, seguito il tema della mostra dal titolo «Unknown Unknows. An Introduction to Mysteries», curata dell’astrofisica dell’ESA Ersilia Vaudo, rivolti a far interagire tra loro, come già visto nella precedente edizione e con la stessa buona dose di eclettismo, campi del sapere altrimenti estranei al progetto di architettura e del design, mettendone in discussione pratiche, statuti e storia.

Se ne è ricavato, in un percorso indubbiamente ricco di valenze poetiche e visive, lo smontaggio di tutto o quasi tutto. Innanzitutto dell’idea di futuro dell’umanità, la quale, come scrive il filosofo Emanuele Coccia, non si «divide in popoli» essendo ormai «mescolanza di identità».

Così com’è scomparso lo spazio e la geometria giacché la tecnologia digitale ha consegnato la presenza dell’individuo alla virtualità. Persino la cultura s’è annichilita data la conoscenza ridotta a eterna comunicazione circolare che non si sedimenta più per creare memoria, dunque «la cultura in senso tradizionale è diventata impossibile».

Ci sarà modo di ritornare sulla radicale concezione filosofica di Coccia, il quale guarda al futuro come «equivalenza di tutti i luoghi» e «il domani l’unità spirituale di tutti gli spazi».

È EVIDENTE, tuttavia, che è ancora l’attualità a obbligarci a individuare soluzioni per «sostenere la trasformazione collettiva verso una civiltà vitale e incentrata sulla vita», nonostante lo sconsiderato agire belluino e cinico dell’essere umano.

Lo fa notare l’urbanista Sarah Mineko Ichioka, forse tra i pochi contributi dotati di realismo critico tra coloro chiamati a intervenire nel catalogo in forma di taccuino (Electa) da Stefano Boeri, presidente della Triennale.

Nel suo efficace elenco di esperienze progettuali in direzione di una «architettura pertinente» e che non riguardano solo il Sud del mondo, s’inserisce la presenza di Francis Kéré con la sua torre The Future’s Present, nel piazzale davanti all’ingresso della mostra, e l’installazione Yesterday’s Tomorrow, entrambi opere dai motivi vernacolari del Burkina Faso: presenza straniera che insieme agli altri cinque padiglioni nazionali del continente africano (Ghana, Kenya, Lesotho, repubblica Democratica del Congo, Ruanda) assume un suo rilevante significato tra le ventitré totali che compongono le partecipazioni internazionali (tra queste l’Ucraina).
Attendiamo il secondo catalogo per raccontarne in dettaglio tutte le storie.

DI FIANCO alla mostra «Unknown Unknows» si è voluta inserire una seconda esposizione, Mondo Reale, ideata da Hervé Chandès, direttore artistico della Fondation Cartier pour l’art contemporain, che con la prima condivide solo il tema dell’«ignoto», ma questa volta puramente terrestre e non spaziale. Anche in questo caso la riflessione posta a diciassette artisti internazionali si unisce alla speculazione di matematici e filosofi.

Ora per concludere, davanti alla complessità degli argomenti posti dalla manifestazione milanese, vale quanto Michel Cassé, citando Baudelaire, ha scritto in catalogo rivolgendosi a un fisico: non si trova questo, forse, come il mangiatore d’oppio davanti all’«alterazione delle sue facoltà, che lo costringe a dare valore anormale, mostruoso ai più semplici fenomeni?».

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