Ventiquattr’ore al voto sul Mes che non farà cadere il governo e la trama regala un détournement utile a risvegliare l’attenzione. Adesso la maggioranza non rischierebbe più sul fronte 5 Stelle, che ieri nel corso di una lunga riunione hanno studiato la strategia per ripiegare evitando di farsi troppo male, ma su quello dei renziani. Ancora loro. Del resto è stata la giornata in cui i rappresentanti di Italia viva hanno staccato il collegamento appena il video-vertice convocato da Conte sulla gestione dei fondi Recovery stava prendendo quota. La decisione di non firmare la mozione di maggioranza sul Mes è il ghirigoro che accompagna lo stesso gesto. Non servirà a provocare la crisi ma è utile per mantenere la minaccia. Una notte ancora.

Domani Conte è atteso prima alla camera, dove non c’è pathos, poi nel pomeriggio al senato dove i numeri per il governo sono assai più stretti. Se tutti i senatori 5 Stelle che hanno firmato un documento contro la linea del ministro Gualtieri sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità e tutti i senatori renziani che non sopportano più Conte dovessero votare contro la risoluzione di maggioranza, la maggioranza diventerebbe minoranza. Ma non accadrà: i due malcontenti non sono sommabili: uno vuole di più, l’altro di meno. E soprattutto 5 Stelle e Iv sono i due partiti che più avrebbero da perdere da una crisi che potenzialmente può portare (da gennaio a luglio) al voto anticipato.

La mozione che è stata depositata ieri è un lavoro in corso. Il testo finale dirà che la riforma del fondo salva stati è un passo in avanti – del resto Gualtieri ha già sbloccato il sì dell’Italia – ma allontanerà ulteriormente l’eventualità che l’Italia possa usare il Mes – non quello riformato, ma il cosiddetto «Mes pandemico» che è un po’ meno peggio. Non potrà essere troppo esplicita perché il Pd (e Renzi) non lo accetterebbero, e oltretutto il parlamento ha già respinto mozioni e ordini del giorno trappola dell’opposizione che puntavano a mettere una pietra sul Mes. Così come giusto un anno fa ha approvato un impegno aperto che anche allora vide la defezione, non decisiva, di qualche senatore grillino. Niente «automatismi», allora. Tutto qui, non è ancora il momento delle scelte nette, malgrado il il capogruppo dei deputati Pd Delrio senta il passaggio storico: «È in gioco la credibilità e la serietà del nostro paese»,

Iv non ha firmato la mozione come parte della sua campagna di disturbo all’uomo solo al comando, nel senso di Conte. Ma lo farà o, quel che conta, voterà a favore del documento parlamentare che approva gli impegni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre. I 5 Stelle in sofferenza non rientreranno in blocco, ma i voti che mancheranno non saranno decisivi. Berlusconi conferma il suo no sopra i dubbi di un pezzo non piccolo di Forza Italia: «Siamo e restiamo un’opposizione responsabile, ma non vogliamo risolvere i problemi della maggioranza». Forse nulla più della determinazione del Cavaliere – favorevole all’utilizzo del Mes e responsabile la settimana scorsa della convergenza di tutto il centrodestra sullo scostamento di bilancio – dimostra quanto il passaggio di domani non debba preoccupare troppo.

Lo conferma il conteggio previsionale dei voti. Al senato, al netto dei ministri costretti alla quarantena per la positività di Lamorgese e altre assenze annunciate per motivi sanitari, i giallorossi hanno venti voti di distacco sull’opposizione. Altri venti (su trenta) possono tranquillamente raccoglierli nel gruppo misto. E tre senatori dell’Udc (nel gruppo di Forza Italia) hanno annunciato che voteranno sì. Altri azzurri potranno più semplicemente restare fuori dall’aula. Ma sarà un omaggio neanche necessario, visto che il dissenso 5 Stelle è destinato a contarsi sulle dita di una sola mano. Questo è l’esito della riunione di ieri tra i capigruppo nelle commissioni. Oggi si vedranno di nuovo i gruppi ma per il governo Conte sul Mes l’incidente è certamente evitato. O più esattamente rinviato.