L’incontro a Soci tra Angela Merkel e Vladimir Putin era stato programmato in preparazione del prossimo G20, ma l’occasione ha dato la possibilità ai due leader di tornare a confrontarsi. Merkel non atterrava in Russia da due anni e nel frattempo molta acqua è passata sotto i ponti.

La crisi in Ucraina resta aperta a tre anni dal suo inizio: nessun paese, neppure gli alleati di Putin kazaki e bielorussi, hanno riconosciuto l’annessione della Crimea, mentre la guerra del Donbass prosegue, seppur a bassa intensità.

I protocolli di Minsk del 2014 che prevedevano la cessazione delle ostilità, la creazione di uno status speciale per le due provincie ribelli, il disarmo delle milizie sono rimasti sulla carta. E negli ultimi giorni a rendere più difficile la situazione, c’è stata la decisione del presidente ucraino Poroshenko di tagliare la fornitura di energia elettrica alle repubbliche popolari di Lugansk e Donezk, garantita però subito dai russi.

Merkel nella conferenza stampa seguita ai colloqui di ieri ha affermato che sull’Ucraina orientale non sono necessari nuovi accordi ma solo il rispetto di quelli di Minsk. Secondo la leader tedesca, «l’Ucraina deve ritornare ai suoi confini precedenti e di seguito assumere quelle decisioni politiche indirizzate a tenere elezioni locali» nel Donbass.

Un percorso che difficilmente Mosca oggi può sottoscrivere: vorrebbe dire lasciare le repubbliche filorusse al loro destino senza contropartite.

La Siria è stato l’altro oggetto dei colloqui. Qui le posizioni sembrano meno lontane. Il Cremlino ha molto apprezzato che la Germania non abbia prestato il fianco a chi nella Ue voleva imporre ulteriori sanzioni alla Russia dopo i presunti bombardamenti siriani con armi chimiche su cui la Russia continua a chiedere un’inchiesta.

Inoltre le dichiarazioni della cancelliera sulla «necessità di tenere conto degli interessi della Russia» nella regione mediorientale è suonata come musica alle orecchie di Putin, il quale ha replicato di essere favorevole «alla cooperazione politica tra tutte le forze coinvolte nel conflitto in Siria».

Resta il dissenso sul futuro prossimo: la Germania vorrebbe una transizione pacifica che conduca all’allontanamento di Assad, mentre Mosca, almeno per ora, non intende abbandonare il suo alleato.

Uno scambio vivace tra i due è avvenuto anche in tema dei diritti umani. Merkel, oltre a chiedere il ripristino della libertà di culto per i Testimoni di Geova, recentemente messi al bando nella Federazione, si è dichiarata turbata per la condizione degli omosessuali in Cecenia che secondo l’inchiesta di Novaya Gazeta sono spesso rinchiusi in lager e assassinati. «Ho chiesto al signor presidente di usare la sua influenza per proteggere i diritti delle minoranze», ha affermato la cancelliera.

Da parte sua, il presidente russo ha ricordato che «si attende ancora verità e giustizia» per i 50 militanti filorussi arsi vivi nella sede dei sindacati di Odessa, nel rogo provocato da estremisti di destra ucraini nel 2014. Sullo sfondo, ma neppure troppo, restano i rapporti economici tra i due paesi.

La Germania, dopo la Cina, è il più importante partner commerciale della Russia. Tuttavia dal 2012 ad oggi l’interscambio è passato da 80 miliardi di dollari a poco più di 40, un crollo del 50% i cui motivi non sono da ricercare solo nella recessione russa.

Ci sono, però, ora segnali di ripresa: secondo Michael Harms, presidente della Camera di Commercio Russo-Tedesca, l’interscambio nei primi due mesi del 2017 è aumentato di ben il 43%.

Una tendenza che molti in Germania vorrebbero rafforzare, superando a medio termine le sanzioni ma soprattutto accelerando la costruzione della pipeline South Stream 2, un affare da quattro miliardi di dollari, che rifornirebbe la Germania di gas russo attraverso il Baltico, bypassando l’Ucraina.

Il miglioramento dei rapporti con la Russia è una carta che Merkel potrebbe giocare in chiave elettorale, visto che la campagna per la sua rielezione è iniziata in salita con il socialdemocratico Schulz in testa in tutti i sondaggi.