Cinquanta miliardi di euro e oltre due milioni di profughi. È lo stratosferico conto dell’emergenza rifugiati in Germania: il costo ufficiale dell’accoglienza, con o senza la chiusura delle frontiere, da qui al 2017. Lo certifica il rapporto dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia (Iw), già sul tavolo della cancelliera Angela Merkel come all’attenzione del ministro Wolfgang Schäuble, padre-padrone della finanza pubblica.

La relazione dell’Iw fotografa il bilancio del 2015 (oltre 10 miliardi) insieme al fabbisogno di 17 miliardi per 1,5 milioni di profughi nel 2016 e di altri 22,6 per 2,2 milioni nel 2017. In totale la Wilkommenkultur della cancelliera costa circa 50 miliardi, quanto una manovra finanziaria. Per questo serve, anche in Germania, la flessibilità della spesa pubblica e, con buona pace della politica del «deficit-zero» del falco Schäuble, lo sfondamento di budget, tetti e limiti stabiliti fino a ora. Lo stesso che permette al Land di Berlino, nonostante i 65 miliardi di debito, di spendere oltre 600 milioni per risolvere il caos dell’accoglienza nella capitale. Due giorni fa il Senato ha deliberato il via libera definitivo alla sistemazione negli hotel della città di 10 mila rifugiati grazie alla convenzione con le maggiori catene alberghiere. Costa 1.500 euro al mese a stanza, ma è l’unica soluzione per evitare la replica delle file-accampamento all’ingresso del Lageso, l’ufficio sociale, e alleggerire la pressione ai confini varcati da 5.500 profughi al giorno.

Ma a premere sul governo e superare davvero il confine sono soprattutto i «populisti» di Alternative für Deutschland che chiedono di «sparare su chiunque non rispetti l’Alt alla frontiera» donne e bambini compresi. La licenza di uccidere per la polizia della leader di AfD Frauke Petry e della luogotenente di Berlino Beatrix von Storch viene smentita dal vice-presidente del partito, ma la sparata del capo della destra ha già colpito il cuore delle istituzioni.

Il vice-ministro Sigmar Gabriel chiede l’intervento dell’Ufficio per la protezione della Costituzione per vagliare la legalità dell’«incitamento» all’odio nei confronti dei rifugiati mentre la cancelleria è costretta a smentire ufficialmente qualunque «ordine di sparare» in stile Ddr. Per il governo Merkel i confini da mettere in sicurezza, per adesso, restano soprattutto quelli dei Paesi di origine dei migranti. Ieri il ministro dell’interno Thomas de Maizière in visita a Kabul ha offerto al governo guidato da Ashraf Ghani l’«assistenza finanziaria» necessaria al ritorno in patria dei 125 mila rifugiati accolti dalla Germania. Alla base, la constatazione che gli afghani «non scappano dal pericolo ma cercano solo una vita migliore» puntualizza l’esponente Cdu. Profughi economici, da rispedire al mittente in cambio di soldi, come si farà anche con algerini, tunisini e marocchini inclusi nella lista dei Paesi ad asilo sicuro che si amplia di giorno in giorno. È «la politica del ritorno» che corre parallela a quella di «benvenuto» Ed è altrettanto ufficiale: «Ci aspettiamo che quando ci sarà la pace in Siria e lo Stato islamico verrà sconfitto in Iraq ve ne tornerete di nuovo in patria, come fece il 70% dei profughi della ex Jugoslavia» è il messaggio di ieri ai profughi tedeschi di Merkel dal palco della festa Cdu in Meclenburgo-Pomerania. E il «consiglio» di Mutti verrà seguito o eseguito comunque ai sensi di legge.

In Germania la protezione si applica solo ai rifugiati riconosciuti dalla Legge fondamentale e dalla Convenzione di Ginevra, in ogni caso a titolo individuale e «non di popolo» secondo l’interpretazione giuridica non più solo della Csu. E infatti da Monaco a Berlino i controlli adesso si fanno sul serio. Anche troppo. Giovedì scorso a Ellwangen, comune di 25 mila abitanti in Baden-Württemberg, è stata inaugurata la procedura di identificazione coatta per chi rifiuta l’identificazione. Oltre 600 poliziotti in assetto antisommossa hanno sgomberato la tendopoli di profughi e forzato 66 algerini a stampare le proprie impronte digitali. Un’operazione preparata per tre settimane con un dispiegamento di forze a monito a chi non rispetta le (nuove) regole. Imbastiti a tempo di record uffici e laboratori per la registrazione dei migranti con strumenti a raggi Uv per verificare i passaporti ed endoscopi per sondare i tubi anche dei letti a castello. Allo sgombero a Ellwangen erano presenti cinque agenti francesi del centro d’investigazione messo in piedi con Parigi, pronti a sincronizzare l’identità dei rifugiati algerini con i database della Direction générale de la sécurité a Marsiglia. Ma gli immigrati «problematici» in Germania vengono già segregati dalla massa dai profughi «sicuri» a partire dagli Asylheim dove le assegnazioni seguono la compatibilità fra le etnie, oltre che con il sistema tedesco.