Ieri doveva essere il d-day per i lavoratori della Mercatone Uno. Ma già lunedì la proprietà ha annunciato che non avrebbe partecipato al tavolo convocato al ministero per non specificati «adempimenti societari». E ad oggi non c’è ancora una data futura concordata per decide la sorte di quasi 4 mila dipendenti.

Ieri mattina da tutta Italia (specie dall’Emilia, dalla Romagna, dall’Abruzzo e dalla Puglia) in trecento hanno protestato sotto al ministero dello Sviluppo. Ricevendo la promessa di un tavolo istituzionale di garanzia e di ammortizzatori sociali.

La situazione di una delle più grandi catene italiane di mobili e arredamento è drammatica. Lo storico marchio che ha legato la sua immagine a Marco Pantani – con la sponsorizzazione della sua squadra nell’anno della doppietta Giro e Tour del 1998 – viaggia da anni al limite del fallimento. I contratti di solidarietà non sono bastati.

L’esposizione debitoria del gruppo di Imola è «spaventosa». Così il patron Romano Cenni ha deciso di presentare richiesta di concordato in bianco. L’azienda non ha formalizzato alcuna procedura di licenziamento collettivo, ma perfino i sindacati la danno per scontata. Il piano per salvare il salvabile prevede infatti la chiusura di 34 punti vendita – sui 79 totali – avviando contemporaneamente una vendita promozionale giudicata da Cgil, Cisl e Uil come un «vendo tutto e me ne vado».

«L’azienda – spiegano – ha fatto due tipologie di promozioni: una più classica, destinata ai punti vendita che probabilmente continueranno ad essere aperti se arriverà un nuovo acquirente, ed una vera e propria liquidazione con sconti fino al 70 per cento per i 34 punti vendita destinati a chiudere alla fine il 27 aprile, arrivando perfino a saccheggiarli portando via i mobili con i tir nel giro di qualche giorno». La risposta dei lavoratori è stata durissima. Scioperi e picchetti in molti punti vendita hanno impedito la razzia.

I dipendenti diretti sono 3.500 circa. In più ci sono 150 tempi determinati e ben 360 in associazione in partecipazione, l’unica delle 46 forme di lavoro che il governo ha deciso di cancellare col Jobs act, «le ultime 20 – denuncia Sabina Bigazzi della Filcams Cgil – assunte addirittura a dicembre». In più fra padroncini che montano i mobili, addetti alla sicurezza e alle pulizie si arriva ad un indotto di quasi altre mille lavoratori.

Per il sindacato il rinvio dell’incontro «denota che la famiglia Cenni e il socio Valentini si stanno scannando sul da farsi», spiega Bigazzi.

L’incontro dei sindacati con il viceministro Claudio De Vincenti è servito al governo per «confermare l’attenzione del governo, il coinvolgimento del ministero del Lavoro per gli ammortizzatori sociali e la garanzia di riconvocherà Mercatone Business e le organizzazioni sindacali subito dopo le festività pasquali».

Il settore del mobile in Italia sta vivendo crisi aziendali «tragiche e catastrofiche», continua Bigazzi. Oltre alla Mercatone Uno, le crisi non si contano. Con aspetti «addirittura grotteschi che farebbero ridere se non fossero sulla pelle dei lavoratori: la Semeraro, importante mobilificio del nord, ad esempio durante una trattativa alla domanda se e quando volessero pagare le tre mensilità arretrate, ci ha risposto che le sta già pagando. Ma in mobili».