Già lo scorso giugno la produttrice inglese Rebecca O’Brien – che con la sua Sixteen Films aveva appena prodotto il vincitore della palma d’oro, I, Daniel Blake di Ken Loach – in una lettera aperta al «Guardian» evidenziava i rischi del Dsm, il disegno di legge europeo per il mercato unico digitale. «Gli attuali piani d’intervento della Commissione Europea per quanto riguarda le distribuzioni cinematografiche e televisive renderebbe virtualmente impossibile che film come I, Daniel Blake continuino a venire prodotti».

Sulla carta il Digital Single Market mira a implementare un vero mercato unico dell’Unione per le tecnologie digitali – è grazie a questo disegno di legge se, per esempio, a partire da metà giugno verrà abolito il roaming nei paesi dell’Ue. Ma per quanto riguarda l’industria dell’audiovisivo potrebbe avere conseguenze disastrose: «È un’enorme delusione per gli sceneggiatori e i registi europei», si legge in un comunicato di due giorni fa della Society of Audiovisual Authors.
Il primo fondamentale principio intaccato dalla proposta di legge è quello della territorialità, la spina dorsale delle produzioni e distribuzioni indipendenti. Con le modifiche proposte diventerebbe infatti impossibile per i distributori vendere i diritti di un film – o di una serie tv – ai diversi paesi interessati con degli accordi «locali», presi cioè di volta in volta con ognuno di essi.

Per i produttori si perderebbe invece quella parte dei finanziamenti ai film che vengono dalle prevendite dei diritti di broadcasting ai vari paesi interessati. Questo perché il Dsm – in nome della diversità dell’offerta e del livellamento dei prezzi per i consumatori – prevede che tutti i film e le serie tv vengano resi disponibili su qualunque piattaforma contemporaneamente in tutta l’Unione Europea – creando anche un possibile cortocircuito per cui in qualche paese un film potrebbe arrivare prima online che in sala .
«In ballo c’è la nostra futura capacità di finanziare le produzioni, il marketing e la distribuzione in Europa attraverso degli accordi di coproduzione e/o con la prevendita dei diritti», sostiene in un’intervista a «Variety» Benoit Ginisty della International Federation of Film Producers Associations. «I piani della commissione europea otterranno l’opposto delle loro intenzioni – aggiunge John McVay, presidente della Producers Alliance for Cinema and Television – lasciando il pubblico con meno contenuti e prezzi più alti, e causando un danno devastante alla diversità culturale».

Uno studio sui probabili effetti del Dsm sull’industria dell’audiovisivo finanziato da 21st Century Fox, Sky e Itv prevede inoltre perdite per i produttori europei intorno agli 8,2 miliardi di euro, e un crollo negli investimenti – per cinema e televisione – del 48%.
Entro l’estate verranno fatti gli ultimi emendamenti al disegno di legge, e alla commissione affari legali Ue spetta, in settembre, l’ultima parola. Eppure, diceva a «Variety» lo scorso febbraio Martin Moskowicz, della Costantin, «nonostante gli sforzi congiunti dell’industria audiovisiva le nostre preoccupazioni non sono state ascoltate né prese in considerazione».