Ieri c’era grande attenzione per l’apertura dei mercati, ma il dato ha confermato la chiusura di venerdì scorso, con il dollaro fermo a 8 pesos, mentre il dollaro «blu» – quello scambiato al mercato nero – avanza del 2,9% e tocca 12,05 pesos allargando di nuovo la distanza fra i due mercati.

Per quanto riguarda il cambio ufficiale, si tratta di una stima che era stata auspicata – dopo la scorsa settimana – dalla politica locale; non a caso il ministro dell’economia argentina Axel Kicillof, aveva specificato in un’intervista a un giornale nazionale che «un tasso di cambio di 8 pesos è un livello adeguato, corrispondendo a un ragionevole livello di convergenza per l’economia argentina».

Non la pensano così gli analisti di Moody’s che invece ritengono che la svalutazione parziale del peso decisa dal governo argentino venerdì scorso, per frenare la caduta delle riserve della banca centrale, non rappresenti «una panacea» e «non ridurrà la pressione» se non «accompagnata da credibili e sostenuti sforzi per ridurre il deficit di bilancio e l’inflazione». Moody’s in una nota sottolinea gli effetti negativi sul rating sovrano, sottolineando anche la mancanza di chiarezza su come il governo riuscirà a ristabilire la fiducia degli investitori, frenare la fuga dei capitali e tenere sotto controllo l’inflazione.

Ieri il governo argentino ha inoltre annunciato l’autorizzazione all’acquisto mensile di 2.000 dollari per il possesso e il risparmio ai lavoratori che guadagnano almeno 7.200 pesos (900 dollari). I lavoratori non potranno acquistare dollari per più del 20 percento del proprio salario annuale.

Nel frattempo i media nazionali argentini danno conto della visita di Cristina Kirchner – presidente argentina – a Cuba, dove avrebbe pranzato con Fidel Castro, discutendo – secondo una nota di Prensa Latina – «di temi regionali e dei problemi che incontra l’umanità», nonché «i rischi speculativi che corrono i paesi emergenti».