Mentre in Europa si lancia il Green New Deal, in Italia il Ministero della Salute esprime un sostanziale NO al biologico nelle nuove linee guida per la ristorazione scolastica.

Una follia, se consideriamo la necessaria inversione di tendenza chiesta a tutto il Pianeta per contrastare il cambiamento climatico che deve partire proprio dai metodi di produzione del cibo nonché dall’educazione alimentare e ambientale dei più piccoli.

Inoltre viene ignorato il lavoro svolto in tutti questi anni da comuni, enti pubblici, istituzioni, associazioni, commissioni, ministeri stessi per definire e promuovere un modello di ristorazione collettiva sano, sostenibile, legato al territorio e certificato.

Se è vero che nel documento si parla di rispettare le caratteristiche merceologiche degli alimenti previste dai Criteri ambientali minimi (CAM), è anche vero che il biologico è trattato in modo confuso, non ne viene riconosciuto né il valore nutrizionale, definito un falso mito, né la sicurezza alimentare data da assenza di residui e di pesticidi. Non viene inoltre riconosciuta la garanzia della certificazione e il contributo ambientale di lotta ai cambiamenti climatici.
Mettere sullo stesso piano prodotti tipici, filiera corta, produzione integrata e produzione biologica è profondamente sbagliato soprattutto quando il servizio è destinato a una fascia di popolazione più fragile per età o per motivi di salute.

Inoltre viene del tutto ignorata la collaborazione tra istituzione e rappresentanti del mondo della produzione biologica, indispensabile per costruire sul territorio la fornitura bio, stagionale e di qualità e per prevenire carenze distributive o sprechi.

Viene poi scarsamente valorizzata la legge sulle «Mense biologiche certificate», la prima iniziativa che ha investito economicamente in questa direzione, riconoscendo il lavoro svolto nel nostro paese da comuni, genitori, cuochi e produttori e confermando e valorizzando l’azione dei CAM.

L’Italia per prima ha abbinato i prodotti biologici alla mensa scolastica fin dalla fine dagli anni 80, diventando stimolo e modello per molti altri.

Anche nei criteri di valutazione troviamo elementi confusi come quelli etico-culturali identitari del territorio senza citare quali siano gli strumenti di certificazione e controllo.

E’ di fatto ignorato il ruolo dell’agricoltura biologica nazionale in Europa, primo paese per numero di agricoltori e trasformatori, seconda per superfici dedicate ecc. e il suo potenziale in termini sociali, nutrizionali, ambientali ma anche economici e di sviluppo del territorio.

Mangiare in modo consapevole rispettando la propria salute e anche quella del pianeta è una priorità assoluta e la scuola ha una grandissima responsabilità perché è lì che i bambini possono imparare il valore del cibo e il suo rapporto con l’ambiente. Senza poi considerare gli effetti benefici che può avere l’assunzione, sin dalla giovane età di alimenti più sani coltivati con metodo biologico.

Queste linee guida ci sembrano ignorare tutte queste considerazioni e sono senz’altro un brutto scivolone del nostro governo e nello specifico del ministero che dovrebbe occuparsi di tutelare la salute dei suoi cittadini che, evidentemente, oltre a non essere a conoscenza delle evidenze scientifiche degli effetti dei pesticidi sui più piccoli, sembra non tenere in nessun conto la direzione che l’Europa sta indicando.

Valorizzare l’agricoltura biologica nella ristorazione collettiva è un’occasione imperdibile per fare educazione ambientale oltre che alimentare. Perché il governo sceglie di andare nella direzione opposta?