Manca poco e l’attesa è grande. Cresce con il passare dei giorni. Si festeggerà il prossimo 4 ottobre. Non c’è festa più grande delle elezioni regionali in Calabria. Sono in ballo 30 posti da consigliere più uno da presidente. Sbanca con le preferenze e vinci. Minimo 11 mila e 100 euro. Tanti ne prende il consigliere regionale base, senza altre cariche istituzionali. Al mese naturalmente. Il 10% in più di quello che spetta ai parlamentari tedeschi che siedono al Bundestag.

Poi ci sono i rimborsi per le auto che variano da 1.000 a 3.900 euro, l’assicurazione contro il rischio di morte o di invalidità e il cosiddetto “vitalizio” ma non chiamatelo più così, per carità. È il trattamento di fine mandato che gli “onorevoli” regionali cumulano grazie ai contributi versati nell’arco della legislatura durante la quale possono proporre e deliberare leggi e provvedimenti su tutte le materie di competenza regionale.

Nel primo semestre di quest’anno sono state approvate 27 leggi; 16 di questi provvedimenti sono modifiche, per lo più a un solo articolo, di leggi già in vigore, 4 sono proroghe di termini, 2 sono riconoscimenti di legittimità di debiti fuori bilancio e ci sono anche l’attuazione di una direttiva europea e il rifinanziamento di un prestito. Non proprio un gran lavoro, ma i deputati calabresi non hanno fatto tutto da soli.

La legge regionale 13 del 2002 consente ai Gruppi di assumere personale con contratti di diritto privato. Nei primi sette mesi dell’anno in corso sono state contrattualizzate 179 collaborazioni con 154 consulenti. Sono stati spesi circa 260 mila euro con una media di 1.450 euro per prestazione, una mancetta a testa. Ma non chiamateli porta-borsa. Sono nella generalità parenti, amici, sodali di partito o di comitato elettorale. La loro funzione è chiara e nota a tutti in Calabria: sono porta-voti, non necessitano di particolare istruzione o competenza ma devono essere in grado di attivarsi in campagna elettorale per contribuire alla rielezione del loro datore di lavoro.

I Gruppi ricevono anche, per le spese di organizzazione e di funzionamento, un contributo di 5.000 euro per anno per consigliere, oltre ad un importo forfettario pari a 0,05 euro per abitante “al fine di tener conto delle dimensioni del territorio e della popolazione residente nella regione”. Bizzarra finalità. Quella somma vale circa 100 mila euro e un decremento demografico di 10 mila unità comporterebbe, pensate un po’, il sacrificio di 500 euro, mentre sono del tutto ininfluenti, come ben si vede, le “dimensioni del territorio”.

Ad ogni modo non si perde nulla, l’osso si spolpa sino in fondo: i Gruppi possono utilizzare nell’esercizio finanziario successivo le somme (eventualmente) non spese nell’anno di riferimento. In complesso la Calabria sborsa circa 65 milioni di euro all’anno per il funzionamento dei suoi organi istituzionali (bilancio 2019, ultimo disponibile). La Liguria 39 e 16 le Marche, per citare le regioni più prossime per popolazione. Si direbbe che la Calabria ami i suoi consiglieri e li coccoli. Ma non è così. Alle ultime elezioni, quelle del gennaio dello scorso anno, poco più che 4 calabresi su 10 andarono a votare e niente lascia pensare che le cose prossimamente andranno meglio. La sfiducia nei confronti dell’ente regionale è ai massimi livelli di sempre.

Per correre ai ripari bisognerebbe mettere fine a questo scandaloso spreco di denaro pubblico, per di più in una regione che manca dell’essenziale, dalla depurazione delle acque alla gestione dei rifiuti. Non ci sarebbe davvero nulla di demagogico se un candidato “governatore” si impegnasse, qualora eletto, a dimezzare lo stipendio dei consiglieri regionali (portandolo al livello di quello del sindaco meglio pagato in regione) e ad azzerare quella truppa di pseudo-collaboratori che sono l’emblema più vistoso di una politica corrotta e fallimentare.