«Einaudi rinviò due leggi approvate dal Parlamento, perché comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell’articolo 81 della Costituzione». Sono parole di Sergio Mattarella, pronunciate tre giorni fa in memoria di un suo illustre predecessore: Luigi Einaudi.

Come tutti sanno non si trattava soltanto di una commemorazione storica con gli occhi rivolti al passato.

Quelle parole erano indirizzate a Matteo Salvini e Luigi di Maio, proprio nelle ore in cui i due massimi esponenti di Lega e 5S mettevano a punto la futura politica economica del governo che dovrebbe nascere dal singolare matrimonio giallo-verde.

Parole acuminate perché non c’è bisogno di essere degli economisti per capire che la maggiore spina nel fianco del futuro governo è proprio quello delle coperture finanziarie ovvero del costo esorbitante delle proposte che dovrebbero caratterizzare il programma di governo: Flat Tax, riforma della legge Fornero e reddito di cittadinanza.

Oltre al lapidario «Arrivano i barbari» del Financial Times, tra gli economisti sia progressisti che conservatori ormai il verdetto è unanime: il combinato disposto di quei tre provvedimenti imporrebbe allo Stato Italiano un esborso di oltre 100 miliardi.

E fino a questo momento nessuno degli esponenti di Lega e 5S è riuscito a spiegare quali saranno le coperture reali.

Si è parlato, come d’altronde hanno fatto tutti i governi degli ultimi vent’anni, di recupero dell’evasione fiscale, di maggiore utilizzo delle risorse europee ma a fronte di costi certi non vi è traccia nel programma di entrate altrettanto certe.

In riferimento a Flat Tax e Reddito di cittadinanza gli economisti della Voce.info Massimo Baldini e Leonzio Rizzo non hanno dubbi: «Le due proposte sono difficilmente compatibili: in un caso una riduzione di imposte, nell’altro un aumento di spesa.

Ma sono scarsamente compatibili anche perché entrambe produrrebbero un forte incremento del deficit. Prendendole sul serio, se realizzate assieme lo aumenterebbero di 80-90 miliardi».

Ma non è possibile immaginare versioni più realistiche? «È possibile immaginare versioni più moderate e realistiche dal punto di vista finanziario delle due proposte, ad esempio riducendo il numero degli scaglioni Irpef, o applicando una flat tax solo agli incrementi di reddito da un anno all’altro, o potenziando il reddito di inclusione già in vigore.

Resta, però, l’impressione di due modelli di intervento molto diversi e difficilmente conciliabili. Con il rischio che la sintesi venga trovata a spese degli equilibri di bilancio».

Ancora più severo Nicola Nobile, lead economist di Oxford Economics: «I tre principali punti politici concordati tra 5S e Lega, ovvero il reddito di cittadinanza, un taglio radicale dell’imposta sul reddito e una modifica della riforma pensionistica del 2011 costerebbero circa 100 miliardi di euro all’anno, sottolinea l’economista e se attuate condurranno a un drastico deterioramento del disavanzo di bilancio con il deficit, stimato dal nostro modello economico globale, al 5,5% nel 2019».

Un giudizio pesantissimo che la dice lunga sulle aspettative della comunità finanziaria. È per questo che lo stesso Nicola Nobile prevede che «per una serie di ragioni, tra cui la clausola di salvaguardia dell’Iva, la ferma opposizione del presidente Mattarella e le possibili reazioni dei mercati, riteniamo che queste proposte saranno annacquate per rimanere al di sotto del limite di disavanzo del 3% fissato dall’Unione europea».

Sarà davvero così? Da alcuni segnali sembra proprio che sia così: pare che il reddito di cittadinanza assomiglierà più al reddito di inclusione creato dal Pd di Matteo Renzi che non a quello sbandierato in campagna elettorale.

Come ha spiegato in più occasioni il Presidente dell’Inps Tito Boeri, il reddito di cittadinanza costerebbe dai 30 ai 35 miliardi, mentre per finanziare a regime il reddito di inclusione sarebbero necessari altri 3 o 4 miliardi.

Se dunque venissero annacquati o addirittura snaturati gli obiettivi del futuro governo, sbandierati in campagna elettorale da Lega e 5S, i due partiti si dovrebbero preparare a un pesante contraccolpo proveniente dal loro elettorato.

La Lega ha vinto al Nord perché ha promesso una politica lepenista verso l’immigrazione ma anche perché ha fatto balenare ai piccoli imprenditori di Lombardia e Veneto un radicale ridimensionamento della pressione fiscale. I 5S invece hanno sfondato al sud per il reddito di cittadinanza. Se il nuovo governo non sarà in grado di dare risposte immediate sui temi più importanti, per Salvini e di Maio saranno guai.

Forse è anche per questo motivo che ieri sera la trattativa si è bruscamente interrotta proprio sul programma di governo. È possibile che Matteo Salvini si sia reso conto di essersi infilato in un tunnel pericoloso.