Lo scorso 14 febbraio la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo si è espressa a favore di una maggior protezione dell’ambiente e del benessere degli animali nell’ambito della nuova PAC (2012-2027). Gli eurodeputati hanno votato per limitare i finanziamenti alle aziende zootecniche che superano una determinata densità negli allevamenti e per fissare obiettivi chiari per ridurre la densità complessiva. La Commissione Ambiente ha votato, inoltre, per bloccare i sussidi ai grandi allevamenti intensivi che non rispettano i principi di base del benessere animale e ha proposto di innalzare i finanziamenti riservati alle misure di salvaguardia per clima e ambiente, dedicandovi il 40% del bilancio per lo sviluppo rurale e il 30% dei pagamenti diretti.

Secondo Greenpeace questa è la direzione giusta, anche se mancano alcuni elementi cruciali per il necessario cambio di rotta della Politica Agricola Comune: destinare i fondi pubblici per sostenere e accompagnare agricoltori e allevatori verso una produzione basata su metodi ecologici, ridurre la quantità di animali allevati, aumentare la qualità, preservare l’ambiente e garantire il sostentamento di agricoltori e comunità rurali. Se si fosse agito in questo senso già da prima, i pastori sardi che sono scesi in strada per la loro sopravvivenza, avrebbero avuto uno strumento in più di salvaguardia.
Stando a dati Eurostat, circa il 72% degli animali allevati in Europa proviene infatti da aziende intensive di grandi dimensioni. Il numero totale di allevamenti è diminuito di 2,9 milioni, ovvero di quasi un terzo, tra il 2005 e il 2013 a scapito solo delle aziende più piccole. L’Italia, per esempio, tra il 2004 e il 2016 ha perso oltre 320 mila aziende (un calo del 38%), ma il numero delle aziende agricole molto grandi è aumentato del 21%, e di quelle grandi del 23%. Le aziende agricole di piccole dimensioni stanno scomparendo e il denaro pubblico aiuta quelle di dimensioni maggiori a crescere sempre più. Un ciclo perverso che deve finire.

Almeno il 70% della superficie agricola dell’Ue (coltivazioni, seminativi, prati per foraggio e pascoli) è destinata all’alimentazione del bestiame. Escludendo dal calcolo i pascoli, oltre il 63% delle terre coltivabili viene utilizzato per produrre mangime per gli animali invece che cibo per le persone. Questo dice il nuovo rapporto di Greenpeace «Soldi pubblici in pasto agli allevamenti intensivi».

I ricercatori incaricati da Greenpeace hanno calcolato che in Europa 125 milioni di ettari di terra sono utilizzati per produrre mangimi o per il pascolo. Tenendo conto dei pagamenti della Politica Agricola Comune (PAC) basati sulle dimensioni delle aziende nonché dei sussidi che sostengono direttamente la produzione di bestiame, Si stima che annualmente tra i 28 e i 32 miliardi di euro di pagamenti diretti vanno ad un sistema di allevamento sempre più intensivo, circa il 18-20% del bilancio totale dell’Unione. Questi risultati si uniscono alle prove scientifiche dei danni arrecati al clima, all’ambiente e alla salute dalla produzione e dal consumo eccessivo di carne e prodotti lattiero-caseari. Un nuovo rapporto di The Lancet pubblicato a gennaio raccomanda di ridurre il consumo di carne rossa del 77% in Europa.

La Commissione Agricoltura europea si esprimerà nel merito il 6 o 7 marzo e ad aprile la riforma della PAC dovrebbe essere discussa nella plenaria del Parlamento Ue. Questo è il momento per invertire la rotta, ce lo chiede il Pianeta e i governi nazionali e il Parlamento europeo non possono non tenerne conto nella negoziazione della prossima PAC, che riguarderà il periodo 2021-2027.

* responsabile campagna Agricoltura di Greenpeace Italia