La Protezione Civile ha registrato 415 morti e 2.357 nuovi casi positivi nelle ultime 24 ore. Il totale delle vittime sale così a 26.384 e il numero totale dei casi positivi registrati finora sono 2.357. Diminuiscono per la prima volta sia le persone ricoverate che quelle isolate a domicilio.

I DATI PREOCCUPANTI vengono ancora dal Piemonte, che con 604 nuovi casi ormai avvicina la Lombardia (713), anche se i tamponi effettuati sono la metà (5.800 contro oltre 12mila). I nuovi positivi del Piemonte sono localizzati soprattutto nelle case di riposo, dove un terzo degli ospiti e un quarto degli operatori sono risultati finora positivi, dopo circa 15mila tamponi effettuati solo nelle Rsa. Ma l’assessore regionale alla sanità Luigi Icardi non è preoccupato: «Se togliamo le Rsa, dove i positivi sono il 60%, la curva è in forte discesa».

Anche di 25 aprile, il commissario Domenico Arcuri non ha mancato di incontrare i giornalisti per dar conto delle attività della sua task force, quella che si occupa della logistica e delle infrastrutture, materiali e digitali, necessarie a rispondere all’emergenza. All’ordine del giorno, le mascherine, i test sierologici e la app per il contact tracing.

Sui dispositivi di protezione, Arcuri ha finalmente deciso di calmierare il prezzo delle mascherine, visto che dal 4 maggio la domanda nelle farmacie potrebbe salire a dismisura e c’è il rischio di speculazioni. «Nelle prossime ore, fisseremo il prezzo massimo al quale le mascherine potranno essere vendute» ha detto. «Stiamo anche lavorando per ridurre fino ad azzerare le importazioni» grazie a fabbriche riconvertite e a nuovi impianti pubblici. Chi lavora nei trasporti pubblici, nella pubblica amministrazione, nelle forze dell’ordine e nelle Rsa riceverà gratuitamente le mascherine.

ARCURI HA ANNUNCIATO anche che la commissione di esperti ha individuato un test sierologico abbastanza accurato per l’indagine che sta partendo su tutto il paese e che servirà a valutare la percentuale della popolazione entrata in contatto col virus. La gara d’appalto è stata vinta dalla statunitense Abbott. «Dal 4 maggio potremmo cominciare l’indagine a campione», ha annunciato Arcuri. Saranno necessari 150mila test: «Li distribuiremo alle varie regioni in funzione della popolazione e delle categorie e sui campioni individuati dall’Istat e dall’Inail. Primi riscontri entro una settimana».

Infine, Arcuri si è soffermato sulla app “Immuni”, che dovrebbe registrare i contatti dei casi infetti per accelerare le operazioni di isolamento delle persone a rischio. «Non è un’alternativa al lockdown, stiamo lavorando perché possa essere messa a disposizione degli italiani il prima possibile». L’obiettivo è coinvolgere il 60% della popolazione ed è difficilmente raggiungibile. Nella disciplinata Singapore, l’analoga app “Tracetogether” è stata adottata solo da un abitante su cinque. «Stiamo pensando a una facilità di utilizzo che tenga conto anche dell’anagrafe della nostra popolazione».

RIMANGONO I DUBBI sulla privacy. Se la app non apparirà sicura, pochissimi la installeranno. Tra le tutele fissate dagli esperti convocati dal ministro dell’innovazione Pisano ci sono lo smantellamento della app una volta passata l’emergenza e la natura volontaria dell’istallazione. Ma Arcuri sembra non volerli rispettare. La app «arriverà a essere uno strumento costruito come un diario sanitario, uno strumento di informazione e di azione, per svolgere politiche sanitarie da remoto», e dunque difficilmente sarà messo da parte. Per convincere gli utenti non si ricorrerà all’obbligo.

Si userà forse un sistema di incentivi, con qualche diritto in più per chi installerà la app? «Non lo escludiamo, ma sempre e solo di matrice sanitaria». In parole povere, salute in cambio di dati personali. Ma guai a chiamarlo “ricatto”.