La maggior parte svolge lavori pericolosi e non remunerati, c’è poca distinzione tra maschi e femmine, sempre di sfruttamento si tratta. Oggi sono 168 milioni i minori costretti a lavorare, l’11% del totale. La buona notizia è che sono in diminuizione:nel 2000 erano 246 milioni, una cifra scesa di oltre un un terzo in un decennio.I maggiori risultati sono stati registrati a partire dal 2008. Lo scrive l’Ilo, che ieri ha presentato uno studio sui progressi nella lotta al lavoro minorile.

In questo caso si può davvero parlare di progresso, perchè rispetto al 2008 ci sono sono 47 milioni in meno di minori nel mondo del lavoro. La situazione è notevolmente migliorata in Asia, dove in soli 4 anni l’incidenza del lavoro minorile è diminuita di ben 4 punti percentuali. A preoccupare maggiormente è l’ Africa sub-sahariana, dove si registra la maggior incidenza del fenomeno (30 %) con più di un bambino su 5 impiegato in agricoltura, edilizia e servizi.

L’altro dato rilevante è che la maggior parte dei piccoli worker svolge lavori pericolosi che, come denucia l’Ilo « per loro natura producono effetti negativi sulla salute, sicurezza e sviluppo morale». Sono oltre 85 milioni, di cui 31 in Asia e oltre 30 in Africa subsahariana. Per quanto riguarda la distribuzione per sesso dai 15 ai 17 anni, in più dell’ 80 % dei casi si tratta di ragazzi. Invece nella fascia d’età che va dai 5 agli 11 anni, le bambine sottoposte a lavori pericolosi rappresentano il 58% del totale.

Quasi il 60% dei minori viene impiegato in agricoltura, il 25% nei servizi, mentre svogono lavori domestici il 7% dei ragazzi, anche se specifica di continuo l’Ilo: « Il lavoro svolto all’interno della propria famiglia e della propria casa non è conteggiato».Conseguenza diretta del lavoro minorile “nascosto”, è l’assenza pressochè totale di remunerazione. I bambini schiavi lavorano senza essere ricompensati nel 68% dei casi, tanto più se il datore di lavoro coincide con la famiglia.

Il problema delle mansioni non misurabili viene evidenziato soprattutto in relazione al lavoro forzato «in ragione della natura illecita di queste forme estreme di sfruttamento». Tuttavia si stima che oltre 5 milioni di minori siano coinvolti in questo tipo di attività, tra cui rientrano per esempio lo sfruttamento sessuale e la partecipazione ai conflitti armati, anche per conto dello Stato.

«Il lavoro minorile come forma di sfruttamento non va affatto sottovalutato. In Europa, che non rientra in studi come quello uscito ieri, con l’aumento della povertà il fenomeno è in risalita, anche se in forme totalmente illegali», commenta Carola Moncada, del progetto Children rough sleepers, che si occupa dei minori invisibili, scappati dalle case famiglie o fuggiti dalle loro patrie in cerca di una vita migliore e coinvolti nelle peggiori forme di moderna schiavitù, senza che si conosca il loro destino.

L’emergenza dei minori senza fissa dimora si è fatta più forte con la crisi, ma è davvero difficile avere una panoramica numerica attendibile su questi ragazzi, invisibili anche ai controlli della polizia. Secondo Children rough sleepers sarebbero più di 10.000 i ragazzi scomparsi in Italia negli ultimi 10 anni. La maggior parte (8632) non avrebbe la cittadinanza italiana e proverrebbe proprio da quei paesi in cui lo sfruttamento è conclamato e misurabile.