L’Olocausto è un fenomeno chiave non solo per conoscere il secolo scorso ma anche per orientarci nel presente. Decenni di neoliberismo, la crisi capitalistica del 2008, insieme allo smantellamento dell’Unione sovietica, hanno prodotto l’avanzata di un miscuglio catastrofico, fatto di populismo antidemocratico e reazionario, con chiare connotazioni razziste, antisemite, di odio per il «diverso», per chi ha un altro colore della pelle, un’altra religione, un’altra origine e via dicendo.

La liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, 75 anni fa, è un punto fondamentale dal quale partire per decifrare quella terribile guerra mondiale, i crimini giganteschi del nazismo e forse anche elementi più che oscuri e problematici della natura umana… «Se questo è un uomo», rifletteva Primo Levi nel 1947.

Polacchi e russi si chiedono se il patto Ribbentrop-Molotov spianò la strada alla seconda guerra mondiale e se i polacchi aiutarono i nazisti con il patto di non aggressione fra Germania e Polonia del 1934 o furono invece una vittima in più… Putin dà lezioni di storia, i polacchi furiosi introducono leggi contro chi li accusa di collaborazionismo e fomentano un problematico nazionalismo. Dall’altro lato dell’Oceano, Donald Trump dall’alto dei suoi sogni evangelici parla di buoni e cattivi…

Il presidente israeliano Reuven Rivlin è un po’ «l’ultimo dei Mohicani» in difesa di alcuni principi democratici. Ha invitato a un forum internazionale per commemorare la liberazione di Auschwitz e per sottolineare la necessità di ricordare, capire, trarre insegnamenti da quel periodo nero che per gli ebrei è l’Olocausto, con sei milioni di morti ammazzati, un terzo del popolo ebraico. Un periodo nero nel corso di una guerra che vide la morte di 50 milioni di esseri umani.

In questi giorni difficili, tutti, ma soprattutto la sinistra, quella moderata e quella radicale, deve prendere una posizione chiara e decisa: contro il razzismo in tutte le sue forme, contro l’antisemitismo, senza sfumature e senza calcoli in termini di popolarità.

Se ancora esiste la sinistra, deve definire con assoluta chiarezza la propria lotta per la pace e una società giusta.

Questo implica anche la necessità di approfondire alcune delle lezioni universali dell’Olocausto e manifestarle con regole generali, anche se gli esperti di tatticismi ci chiedono di «comprendere» i razzisti e i fondamentalisti.

A Gerusalemme sono arrivati importanti uomini politici, fra i quali Putin, Macron, Pence. L’amministrazione della città, soddisfatta, ha organizzato una «celebrazione», rettificando poi con molto imbarazzo: «commemorazione». Ma alla fin fine è stato un festival. Il festival di un candidato problematico che per evitare il carcere è disposto a fare qualunque cosa. Per il grande Benjamin Netanyahu, la lezione da trarre dall’Olocausto è la necessità dell’uso della forza. E così, il premier chiede a tutti i presenti di affrontare l’Iran, che avrebbe l’intenzione di completare il lavoro di Hitler.

Un festival. Intanto a pochi chilometri da Gerusalemme, due milioni di palestinesi vivono in quel carcere a cielo aperto che è Gaza. Un disastro umanitario. Inoltre, le «grandi lezioni» che vorremmo impartire al mondo intero non ci hanno impedito di varare una legge sulla nazionalità che è discriminatoria e razzista. I nostri migliori amici sono gli Orbán e i Salvini, i fascisti europei, i razzisti, gli antisemiti camuffati da «pro-israeliani» amici di Netanyahu.

Il festival, un’operazione di propaganda elettorale: insomma, abbiamo grandi leader, capaci di attrarre i grandi del mondo. Putin grazierà – su richiesta – la prigioniera al centro di ogni attenzione negli ultimi mesi: la giovane cittadina israeliana Naama Issachar, trovata in possesso di hashish mentre era in transito nell’aeroporto di Mosca e condannata a 7 anni per contrabbando e detenzione di stupefacenti. Un gioco di servizi segreti e un balletto politico.

È poi finito, il festival? No! Messaggio del grande Trump: Netanyahu e il leader dell’opposizione (?) Gantz arriveranno a Washington e il presidente statunitense regalerà loro un importante piano di pace che nessun palestinese potrà accettare.

Trump ci regala annessioni e insediamenti, ci regala uno «Stato» palestinese demilitarizzato. I coloni israeliani e le loro enclave saranno il nuovo Sudafrica del Medioriente. Il cosiddetto «piano di pace» sarà preludio a più guerra, e ancora più sangue.

Le lezioni, le dure lezioni dell’Olocausto non sono state imparate a Gerusalemme. Il nuovo arrogante impero non è solo un pericolo mortale per i palestinesi, minaccia anche il futuro degli israeliani, immersi in una cecità totale.