Duemilacinquecento abitanti sulla sponda destra del fiume Sesia, a valle delle colline del vino Ghemme e del pregiato Gattinara e a monte delle risaie novaresi, sono in subbuglio contro il progetto di un pozzo esplorativo di petrolio, presentato dall’Eni. Sono i cittadini di Carpignano Sesia: non vogliono le trivelle. Perché andrebbero a impattare una zona ricca di falde acquifere «utilizzate per il consumo umano» e a forte presenza agricola con produzioni di alta qualità. Perché a poca distanza dal Parco del Ticino e a trenta chilometri da Trecate dove nel 1994 esplose un pozzo di trivellazione dell’Agip. Un geyeser di greggio e gas alto cento metri fece piovere petrolio sulle abitazioni e le strade vicine e il territorio fu gravemente inquinato.

Il petrolio nel novarese non è, infatti, una novità. Correva il 1987 e l’Agip, caposettore del gruppo Eni per la ricerca e l’estrazione del petrolio, effettuò una importante scoperta di greggio nella zona a cavallo tra Lombardia e Piemonte. Tra Galliate e, appunto, Trecate. Negli anni i risultati furono alterni.

A Carpignano la «scure» del petrolio se la sono, invece, vista arrivare a cavallo tra il 2011 e il 2012, quando è spuntato il progetto esplorativo con trivellazioni fino a 4 chilometri nel sottosuolo. Era rimasto nel cassetto per anni, le radici risalgano, infatti, al 2006 con il conferimento dal ministero dello Sviluppo Economico a Eni e Petroceltic del permesso ricerca «Carisio». Un pozzo che, con un’attività di una decina anni, sarebbe in grado di coprire il fabbisogno nazionale per appena 50 giorni. «Il progetto di tre anni fa, localizzato a 300 metri dalle case, in un territorio a rischio esondazione, era stato bocciato da un referendum. Il no alle trivelle aveva raggiunto il 93% e l’Eni lo aveva ritirato mesi dopo», racconta Marcello Marafante, presidente del battagliero comitato Difendiamo il nostro territorio (Dnt) .

Il colosso non si è dato, però, per vinto e nel 2014 ha ripresentato un nuovo progetto. «A 900 metri dalle case ma più vicino alle falde acquifere che servono anche Novara» sottolinea Marafante. Un remake non casuale. È arrivato, infatti, dopo l’approvazione del renziano decreto Sblocca Italia, che ha dato il via a un moltiplicarsi di richieste di permessi o istanze per nuove trivellazioni. D’altronde il contestato articolo 38 ne faciliterebbe l’iter, espropriando Comuni e Regioni della sovranità sul proprio territorio. «Ecco perché Carpignano è solo un punto nero nella cartina dello Sblocca Italia. non è una storia tanto diversa dal «circo del petrolio» che l’Eni porta in giro per l’Italia» spiega Marco Grimaldi, capogruppo di Sel in Regione e firmatario dell’ordine del giorno per un Piemonte «Oil free zone».

Sette regioni hanno fatto ricorso alla Corte Costituzionale contro l’articolo 38 (e il 37 che disciplina i gassificatori), considerato dai M5s «un regalo ai petrolieri». Sono Abruzzo, Calabria, Campania, Lombardia, Marche, Puglia e Veneto, non il Piemonte. La giunta Chiamparino dovrebbe esprimere a breve il proprio parere su Carpignano, non vincolante ma significativo. «Il presidente – aggiunge Marafante – ha confermato che terrà conto dell’opinione della popolazione. Noi rimaniamo all’erta, d’altronde solo pochi mesi l’assessore regionale alle attività produttive Giuseppina De Santis ci aveva dato dei “prevenuti”». L’Eni non si è presentata al confronto pubblico, organizzato dalla Regione nei giorni scorsi a Novara, ma ha detto che se la giunta piemontese si dichiarerà contraria ritirerà il progetto. Grimaldi di Sel conclude: «Noi ci opponiamo politicamente a un disegno pericoloso per l’ambiente e per lo stesso sviluppo economico del Piemonte».