Bambara, francese, inglese, italiano e mandinka sono le cinque lingue di cui è composta Welcome Refugees, canzone patchwork e di frontiera, nata in mare e che in mare vorrebbe tornare. Senza più il terrore della prima volta, in una sorta di catarsi umana e artistica. Il brano, scritto da Alberto Visconti con il CoroMoro, è un collettore di storie nonché l’inizio di un progetto ARTatSEA, che ha già dato dei frutti: la vittoria di Sanrito Festival 2021, piccolo festival di grandi canzoni alternativo a Sanremo e che si svolge a Cuneo negli stessi giorni della più celebre kermesse. Visconti è un cantautore valdostano, voce e chitarra del gruppo L’Orage (che vanta collaborazioni importanti con De Gregori e la Bandabardò), mentre il CoroMoro, nato nel 2014 nelle Valli di Lanzo (provincia di Torino), è formato da sette giovani africani, all’epoca richiedenti asilo, provenienti da Senegal, Mali, Gambia, Nigeria e Costa d’Avorio, e da tre italiani. Cantano in piemontese ma non solo, in particolare canti popolari.
Buttati in un gommone per sfidare la sorte/ che tentare la fortuna è provocare la morte,/ e ogni onda è una scommessa e dopo il mare chissà/ se valeva tutto questo la mia felicità.
Bellezza sociale
Welcome Refugees è il racconto di un viaggio per mare, su un gommone pieno come un carro bestiame. Ed è il primo passo di ARTatSEA, «un progetto di integrazione e di bellezza sociale» che coinvolge artisti immigrati e artisti italiani. Insieme creano un prodotto originale, esplorando musica, danza, poesia, teatro con l’obiettivo di portarlo in mare. «Perché l’arte e il mare possono abbattere muri, geografici, di differenze, di diffidenza», spiega Ludovica Gallo Orsi, torinese, direttrice artistica e fondatrice del progetto insieme ad Alessandro Tosetti, lo skipper a cui è affidato il timone di Aspra, barca a vela impegnata in azioni di beneficenza e divulgazione scientifica, che diventerà un palcoscenico sull’acqua. «La prima volta che prestai soccorso in mare, lo feci spontaneamente come naturale attitudine del marinaio che si mette in gioco per riportare a terra chi non ce la fa», racconta Tosetti. Un’attitudine mistificata dalla cacofonia della propaganda politica. «Rivendichiamo un diritto all’approdo, un diritto al suolo, un diritto a coltivare nuovi amici e crescere culturalmente con loro».
Maurice Bathia arrivò in Italia dal Senegal (Casamance) sette anni fa, proprio per mare. Ora, dopo un lungo periodo passato nelle Valli di Lanzo ha una famiglia e vive a Torino: «Voglio illuminare il percorso che ho fatto per venire qui. Che abbiamo fatto in tanti, ogni volta perdendo qualche compagno di viaggio. E vorrei raccontare la nostra storia soprattutto a chi non ha capito. Noi, che siamo poi diventati il CoroMoro, abbiamo avuto la fortuna di incontrare Luca Baraldo e Laura Castelli, che con la musica ci hanno aiutato nell’integrazione. Ma non a tutti è andata così».
Il CoroMoro e Alberto Visconti, che firma anche la produzione del pezzo, si sono conosciuti sui palchi prima ancora di ARTatSea, che, però, ha permesso loro di realizzare qualcosa insieme. Di inedito. «Mi piacerebbe – sottolinea Visconti – che Welcome Refugees si rivelasse un piccolo tassello nella battaglia per portare le voci degli africani sbarcati nel nostro Paese a diventare udibili. Negli altri Paesi d’Europa, in primis in Francia, gli africani residenti hanno una voce nel dibattito pubblico e questa voce è rappresentata dalla musica, in particolare la musica rap. In Italia i rapper sono perlopiù ragazzini milanesi bianchi e di buona famiglia. Si discute spesso di immigrazione e di sbarchi, ma le voci dei protagonisti, chissà perché, non vengono ritenute degne di interesse. Con Welcome Refugees vogliamo dimostrare che i ragazzi africani vogliono e possono dire la loro».
Il CoroMoro vuole, infatti, essere «la voce di chi non ha la voce». Je dédis ce morceau à tous mes frères, à tous ceux qui ont pris le chemin de l’enfer (dedico questo brano a tutti i miei fratelli, a tutti quelli che hanno intrapreso il cammino dell’inferno) recita l’incipit del brano che mescola folk, rap, pop, ritmi afro e canzone d’autore. Welcome Refugees avrebbe dovuto fare il suo esordio in mare. Tutto era pronto, ma poi è arrivata la pandemia. E nel frattempo è giunta la proposta di partecipare alle selezioni del Sanrito Festival e di spostare il debutto a terra, all’Auditorium Varco di Cuneo. Una lettera motivazionale e la documentazione sul progetto hanno convinto la giuria ad ammettere il CoroMoro e Alberto Visconti alla settima edizione del Sanrito Festival, con altri 10 concorrenti, accompagnati da un’orchestra di 11 elementi. Ma ARTatSea – nel primo episodio del suo format che ha l’intento di stimolare la collaborazione tra artisti italiani e stranieri – in mare ci andrà, comunque.
Via gli ormeggi
A inizio maggio, dal porto di Imperia, Aspra mollerà gli ormeggi. Insieme ai protagonisti salirà sulla barca anche il documentarista Andrea Fantino, cuneese e antropologo di formazione, incaricato di realizzare il videoclip: «L’idea è quella di lavorare sull’incontro creativo tra Alberto e il CoroMoro e sul viaggio in quel Mediterraneo teatro delle vicende confluite nel brano e raccontate in prima persona dai componenti del coro. Mi aiuterà nelle riprese Yalmar Destefanis». Per Maurice ritornare in mare è fonte di emozione: «Per me che sono arrivato col gommone sarà una sorta di riconciliazione». Il Mediterraneo «così immenso e temibile ci ha fatto il regalo di incontrarci», aggiunge Alberto.
Scriveva Predrag Matvejevic, scrittore croato, nelle prime pagine del suo celebre Breviario Mediterraneo (Garzanti, 1987). «Talvolta tutti i mari sembrano uno solo, specie quando la traversata è lunga; talvolta ognuno di essi è un altro mare. Il Mediterraneo è a un tempo simile e in altro diverso a sé stesso».
ARTatSEA è un progetto di Aspra sail in collaborazione con Fronte del Borgo, la finestra della Scuola Holden aperta sul quartiere di Borgo Dora, e con Gaia Research Institute. «Sarà un generatore di produzioni artistiche, un contenitore di storie messe in scena in mare, luogo simbolico di partenze e approdi, e, poi, riportate sulla terra per essere condivise. Il fine è creare integrazione attraverso l’arte e il mare», precisa Ludovica Gallo Orsi. Maurice Bathia è soddisfatto: «ARTarSEA mi ha permesso di aprire nuove strade, mi ha dato la possibilità di collaborare con un artista italiano per far passare il mio messaggio, per far capire che gli immigrati sono identici agli altri per amori e odi, gioie e dolori. Non ci sono barriere, una volta che li conosci capisci che siamo tutti uguali e la musica può viaggiare più veloce di chi la canta».