La questione può essere una soltanto: me ne vado o resto e provo a cambiare le cose? Luisa Del Sorbo è una giovane, ora imprenditrice, ex giornalista campana. E questa domanda se la è posta netta e chiara a un certo punto della sua vita e della sua carriera. E non deve essere stato facile perché se è vero che partire è sempre un po’ morire, per tutti a da ogni luogo, certo è che lasciare la Costiera Amalfitana per andare chissà dove e magari in mezzo al nulla e alla nebbia, deve essere peggio.
Altro tema centrale quindi è il territorio, nei pregi e nei difetti. Purtroppo i secondi surclassavano di molto i primi. E proprio lì stava il problema. La bellezza non basta. E quindi? Bisogna lavorarci sopra per bene. E poi godersi l’impossibile: un’economia sana, che funziona, che ha prospettive di un certo livello e pure in grande crescita. E poi: lavoratori contenti che fanno per bene il proprio mestiere senza cappio al collo e soffocamento da sfruttamento, territori sani che rendono il giusto e infine turisti, croce e delizia del bel paese, felici di venire a godersela questa stramaledetta bellezza. Non è un sogno irrealizzabile.
CHI RESTA
La morale della storia è che Luisa non se n’è andata ma anzi ha rilanciato e nel 2007, insieme ad alcuni suoi clienti che per mestiere fanno gli armatori, ha costituito una società, la «By Tourist», mettendo su insieme qualcosa che prima non c’era. «Ci occupiamo di promozione territoriale. Lavoriamo principalmente in termini di comunicazione e marketing per il turismo marittimo e enogastronomico». Racconta Del Sorbo. «La nostra sede si trova ad Amalfi e diciamo che la natura ci viene incontro. Da sempre ci sono charter e agenzie marittime che arrivano sulle nostre coste. E la domanda era ed è sempre indirizzata a cosa mangiare e dove, in tante sfaccettature diverse. Noi ci siamo trovati da subito di fronte ad alcune difficoltà, c’era la domanda ma non si riusciva a indirizzare l’offerta, mancavano i contatti per introdursi nel settore e noi abbiamo iniziato a fare da ponte».
LA RETE
«Molti dei prodotti che noi identifichiamo come tipicità del nostro territorio, vere e proprie eccellenze come il pomodorino del Piennolo e il Corbarino, all’estero nemmeno sanno che esistono! C’è un mondo vastissimo, senza parlare delle varietà di pasta artigianale, che rimane completamente schiacciato dalle grandi importazioni di massa. Abbiamo allora iniziato a ragionare prendendo in considerazione i piccoli produttori che hanno dalla loro la sapienza e la qualità del prodotto e gli chef di alto livello, con cui ci siamo sempre confrontati, e ci siamo messi insieme. Abbiamo fatto rete pensando che qualcosa di buono se sarebbe sicuramente venuto fuori».
RIGIDI CONTROLLI
La novità è che non si avvalgono in alcun modo di soldi pubblici e selezionano accuratamente le aziende che si approcciano loro attraverso rigidi controlli che sventino interventi mafiosi o presunti tali, avvalendosi a questo scopo della prefettura. La figura chiave per questo progetto è stata quella dell’importatore e distributore, perché i piccoli produttori non sono in grado di affrontare il mercato estero da soli «costa più la spedizione che il prodotto in sé», era quindi fondamentale creare una piattaforma che permettesse l’acquisto di questi prodotti di nicchia e la successiva distribuzione. Giuseppe Acciaio e la sua Gma Specialità era l’uomo giusto. Imprenditore e gourmet si muove in questo senso dai primi anni ’80. Nel caso dei pomdorini di Corbara, ad esempio, ha fatto un accordo d’acquisto pre semina con i contadini, in modo tale che potessero coltivare serenamente per raggiungere lo standard di produzione senza l’ossessione del venduto.
«Il potere economico lo costruisci anche lavorando in modo etico» ci dice Luisa che come ciliegina sulla torta ha ideato il Mediterranean Cooking Congress, giunto alla sua terza edizione, per la promozione territoriale e confronto culturale legato a tutta l’area mediterranea dal 10 al 12 ottobre a Napoli, a febbraio Barcellona e poi a Cannes nel settembre 2017.
L’obiettivo è tornare indietro: «vogliamo approcciarci al Mediterraneo non per sopprimere o imporre identità forti, ma al contrario per arricchirci con gli scambi. La verità è che negli ultimi 10 anni, anche a causa del terrorismo, si è alimentata una inesorabile pochezza culturale.
Tutte le coste e le aree del Mediterraneo sono interconnesse da sempre e noi ci stiamo dimenticando ciò che siamo. Restiamo ancorati a una visione del confronto legata alla paura, non cerchiamo mediazione ma prevaricazione. Ed è questo atteggiamento, e tutto ciò che ne deriva, che vogliamo combattere. Cultura e gastronomia camminano di pari passo».