La Alan Kurdi di Sea-Eye, la Aita Mari di Salvamento Maritimo Humanitario, la Sea-Watch 3 e la Ocean Viking di Sos Mediterranée sono bloccate in porto da provvedimenti amministrativi. Alcune dea diversi mesi, altre da settimane. Da qualche giorno l’aereo civile Moonbird è bloccato a terra. Nel Mediterraneo centrale non si vede grande discontinuità di governo.

C’è un meccanismo silente e subdolo ma dotato di una grande efficacia. Sembra che l’indirizzo europeo che il nostro governo è attento ad attuare sia fermare la presenza in mare e il racconto di ciò che accade. Bloccare un aereo come Moonbird significa impedire di vedere agli occhi puntati sul Mediterraneo. È emblematico anche quello che è accaduto alla nave Ocean Viking, un provvedimento che grida vendetta perché dice: siccome non ho trovato niente di irregolare ti contesto di aver salvato troppe persone. Siamo di fronte a un nuovo approccio, più europeo, più socialdemocratico. Non più quello grezzo, gridato, cialtronesco di Matteo Salvini, ma uno più mirato e raffinato. Con degli effetti devastanti.

Molte navi umanitarie sono ferme ma i migranti continuano a partire e a necessitare operazioni di soccorso. Lo testimonia il caso della Etienne, bloccata ormai da 37 giorni. Un record assoluto.

Sì, un caso che lancia un messaggio chiaro a tutte le navi commerciali: guardate dall’altra parte, fate finta di niente, non salvate. Tenere bloccata un’imbarcazione come la Maersk Etienne per 37 giorni ha ovviamente un grande costo economico per l’armatore. Il messaggio è chiaro. L’obiettivo è chiaro. Vogliono distruggere quella cultura del mare che ha sempre permeato ogni marittimo. Chi va per mare sa che dovrà affrontare un luogo ostile, pericoloso. Le comunità di mare si basano su un patto di reciprocità: io ti salvo perché so che tu mi salverai. Tutto questo si sta violando nella maniera peggiore, infrangendo culture, norme e convenzioni internazionali. Ormai salvare una vita umana è diventato un costo. Si vuole imporre l’idea che alcune vite amare debbano essere abbandonate, perché altrimenti devi pagare un prezzo enorme.

L’Italia blocca navi e aerei delle ong. Malta tiene in trappola la petroliera di una delle più grandi compagnie del mondo per 27 persone. La Grecia si ritrova con 13mila rifugiati per strada dopo l’incendio del più grande campo profughi d’Europa. Sembra difficile trovare segnali positivi.

Per fortuna ci sono e vengono dalla società civile. Si vedono nelle 45 piazze tedesche di ieri in cui migliaia di persone hanno manifestato per affermare che per le persone in fuga c’è posto, che i 13mila rifugiati di Moria devono essere evacuati, che le altre migliaia che si trovano nei lager libici devono essere messe in sicurezza. C’è poi la flotta civile che nonostante tutti gli attacchi che riceve resta in piede. Bloccano una nave, parte una motovedetta (la Louise Michel, la nave di Banksy, ndr). Fermano un aereo, parte una nave. Abbiamo tutti una forte volontà di non farci fermare. Davanti a questa vergogna europea rispondiamo colpo su colpo. Moria è una ferita. Il caso della Etienne è una ferita. I finanziamenti alla cosiddetta guardia costiera libica sono una ferita. La società civile non riesce a guarirle tutte queste ferite, ma sicuramente non smette di affrontarle, con grandi sforzi. Tutte le volte che riusciamo a ripartire l’impossibile diventa realtà. La risposta migliore che possiamo dare davanti a questa vergogna europea è proprio ritornare in mare, non smettere di guardare e raccontare, continuare a salvare più persone possibili.

Il barchino su cui viaggiavano i naufraghi salvati da Open Arms, foto di Santi Palacios / Ap

 

AGGIORNAMENTO OPEN ARMS, h 8.50, 11/09/2020
Tra giovedì e venerdì la nave di Proactiva Open Arms, con a bordo l’equipaggio medico di Emergency, ha salvato 77 persone. Si aggiungono agli 83 naufraghi tratti in salvo la notte precedente. A bordo ci sono adesso 160 persone.