Il numero chiuso a medicina significa chiudere gli ospedali. Nel giorno dei test per l’accesso ai corsi in tutta Italia, 9.224 posti a disposizione per circa 63 mila concorrenti, il Coordinamento universitario Link e l’Unione degli Universitari (Udu) hanno organizzato sit-in e proteste per denunciare il legame diretto tra il numero chiuso a livello nazionale e i tagli alla Sanità pubblica.

«È inaccettabile, lede il diritto allo studio già colpito da un test. Medicina ha visto un taglio da 9.513 a 9.224 posti e architettura da 7800 a 6991» sostiene Andrea Torti (Link). Gli studenti hanno analizzato i bandi denunciando elementi peggiorativi rispetto al passato, come la diminuzione dei posti disponibili (più di 1.000, di cui 300 a medicina) e la chiusura anticipata delle graduatorie al termine del primo semestre. Questo potrebbe comportare un’altra riduzione dei posti. «Il test è una selezione all’ingresso che di fatto si basa su elementi aleatori, e su cui incidono fortemente una serie di fattori che nulla hanno a che vedere con la capacità e la volontà del candidato di affrontare un determinato corso di studi» sostiene Elisa Marchetti (Udu).

«Da anni chiediamo un ripensamento delle modalità di accesso al corso di laurea in Medicina e Chirurgia che si stanno rilevando non solo inefficaci, ma anche dannose. Anche l’Ordine dei Medici comincia a mettere in discussione questa programmazione. Il nostro sistema sanitario non è sovradimensionato come alcuni vorrebbero farci credere, non è insostenibile economicamente. È in sofferenza, va ripensato» afferma Martina Carpani (Rete della Conoscenza).

La protesta di ieri ha avuto un’eco anche a Bologna, poche ore prima del test, è stata l’occasione per rilanciare la richiesta avanzata da tempo dalle organizzazioni studentesche: il ripensamento delle modalità di accesso a Medicina va fatto all’interno di un ragionamento complessivo sulla Sanità. Gli studenti ritengono che i problemi vadano affrontati in maniera organica: sul tavolo non c’è solo la richiesta di liberalizzare gli accessi ai corsi di studio, o i tecnicismi dei bandi per le specializzazioni e ancora la riduzione delle relative borse. Bisogna tornare a parlare di programmazione. Esiste un divario, calcolato in diecimila persone, tra i medici che vanno in pensione e i professionisti che iniziano ad esercitare. Da tempo è stata rilevata la carenza dei medici di medicina generale. Il blocco del turn over, specialmente nelle regioni sottoposte a piani di rientro, ha creato gravi problemi strutturali amplificato dalla chiusura dei presidi ospedalieri territoriali.

In questa cornice la tesi sul legame tra il numero chiuso nelle facoltà e il ridimensionamento del sistema sanitario pubblico è razionale e fondato.

Un appello della Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG), ha sottolineato l’importanza del rilancio della formazione dei medici in un sistema sanitario che torni a porsi i problemi dell’ingiustizia sociale e dell’emarginazione provocate dalle diseguaglianze crescenti. L’iperspecializzazione dei medici va ridotta e va rilanciato il pensiero critico tra gli studenti in chiave anche interdisciplinare. In un’analisi articolata, la Rete della conoscenza propone il superamento dell’ospedalocentrismo a favore di un ritorno alla programmazione a lungo termine. Il problema è che i politici sono interessati al ritorno sul piano elettorale e ignorano le esigenze vitali per chi lavora in medicina. Sono temi molto sentiti anche dai sindacati.

Per Costantino Troise, segretario del sindacato dei medici dirigenti (Anaao Assomed), la mancanza di programmazione creerà 20 mila laureati precari nei prossimi 4 anni. La chiave di lettura è sostanzialmente differente rispetto a quella degli studenti, ma è utile per comprendere la situazione: «è l’ideale serbatoio per precariato e caporalato 2.0 – sostiene Troise – Mentre il Miur fa cassa con le iscrizioni, a giustificare l’esistenza di cattedre, si continua a registrare un pericoloso disallineamento rispetto ai numeri della formazione post laurea ed alle necessità del Servizio Sanitario Nazionale. I nuovi medici saranno alla mercé delle regioni, senza chiare regole di ingaggio, e del mercato, senza tutele».

L’estensione del numero chiuso viene di solito giustificata alla luce di questa situazione. Gli studenti hanno un approccio diverso: «Il nostro sistema sanitario non è sovradimensionato come alcuni vorrebbero farci credere, non è insostenibile economicamente. È in sofferenza, va ripensato». I test proseguiranno oggi per Medicina veterinaria e domani Architettura. Il 13 e 14 sarà il turno delle professioni sanitarie e medicina e chirurgia in lingua inglese.