Medici, veterinari, anestesisti e specializzandi di tutta Italia hanno protestato ieri con numerosi sit-in di fronte agli ospedali e alle sedi delle regioni. Secondo gli organizzatori l’adesione è stata dell’80-90 per cento del personale sanitario; molti gli interventi rinviati e le sale operatorie bloccate.

Il disagio ha interessato anche la filiera agro-alimentare; la sospensione dei servizi di ispezione dei veterinari delle Asl ha infatti bloccato parzialmente l’industria della macellazione. «Da anni non si vedeva una partecipazione così ampia, arrivando messaggi e foto di proteste da tutto il Paese», spiega Carlo Palermo, segretario di Anaao Assomed, che ieri mattina si trovava al San Camillo di Roma per una conferenza stampa con gli altri principali sindacati.

Lo sciopero è per i fondi per il rinnovo dei contratti dei medici e dei dirigenti sanitari, bloccati da dieci anni, e le borse di studio agli specializzandi. Più in generale la protesta è una denuncia dello stato drammatico in cui versa il sistema sanitario nazionale a cui da anni non arrivano le risorse necessarie a garantire un servizio efficace. È quindi una lotta che riguarda tutti i cittadini, hanno ribadito i sindacati. Quanto ai fondi destinati ai contratti, il sindacato dei medici (Cimo) ha chiesto un’indagine della Corte dei Conti su dieci regioni italiane, col sospetto che li abbiano utilizzati per altri fini. La verità però è che i finanziamenti da anni sono in diminuzione e il blocco del turn over, unito al tetto degli stipendi vincolato al 2004, non ha fatto altro che aggravare la situazione. Tra medici e infermieri mancano 50mila addetti, senza contare che nei prossimi 5 anni ci sarà un’ ulteriore uscita di 45mila professionisti. In mancanza di personale le liste di attesa si allungano, i giorni di ferie non goduti si accumulano e come ha dichiarato uno dei medici presenti alla conferenza stampa «capita di fare anche cinque notti di fila con ritmi impossibili». Tutti i sindacati concordano sulla necessità di rifinanziare il servizio sanitario pubblico; indebolirlo infatti ha favorito l’esternalizzazione dei servizi e il sistema delle cliniche private; accessibili solo a pochi privilegiati.

Anche gli studenti si sono uniti alla protesta. Nella notte di ieri gli specializzandi hanno chiuso gli ospedali per denunciare lo stato di crisi in cui versa la sanità pubblica. Riccardo Sala, rappresentante di Link area medica, ha raccontato di una generazione di «medici a gettone e neolaureati, che iniziano il percorso di formazione specialistica e vengono utilizzati come tappabuchi dei medici ordinari mancanti». Il governo ha infatti scelto di finanziare solo 800 borse per i posti di specializzazione, quando bastavano appena 100 milioni in più per garantire le 3mila borse necessarie. Nessuno sconto sul tema anche da parte di Andrea Filippi, segretario della CGIL Medici: «La sanità è diventato il bancomat con cui si aggiustano le finanziarie; da un lato si offre un modello assistenzialistico come il reddito di cittadinanza e dall’altro non si stanziano i fondi necessari ai servizi per l’assistenza di base».

Dal canto suo la ministra Giulia Grillo, al termine della conferenza stampa, ha chiesto di incontrare i sindacati per un tavolo di dialogo. Nel colloquio, ha riferito Carlo Palermo, «la ministra si è impegnata a studiare gli aspetti tecnici del rinnovo dei contratti e di trasferire nella nuova legge di bilancio gli emendamenti per la soluzione di questo problema. Lo stato di agitazione resta. E se non ci saranno risposte a dicembre ne indirremo un altro». Anche Andrea Piccinini vicepresidente di Cimo, preso atto dell’apertura, ha ribadito: «Dopo le dichiarazioni di intenti ora servono i fatti».