L’astronave di Civitanova Marche deve decollare. Costi quel che costi. Anche se i medici non vogliono andarci a lavorare, anche se non si trovano pazienti, anche se la struttura gemella costruita in Fiera a Milano è ormai abbandonata.

IL COVID CENTER costruito da Guido Bertolaso e dall’Ordine di Malta è ormai un punto d’onore per il presidente della Regione Luca Ceriscioli, sicuro non ricandidato alle elezioni in programma per settembre. È così che, da ieri, i medici della provincia di Macerata hanno cominciato a ricevere ordini di servizio che li obbligano ad andare a lavorare nell’astronave dalla giornata di oggi per almeno un mese, con orari ancora tutti da stabilire (nella nota firmata dal direttore medico Giorgia Scaloni si legge che saranno comunicati «separatamente»), ferie sospese e un incentivo alla mobilità che verrà trattato nei prossimi giorni con dei sindacati ormai ben oltre il piede di guerra, tanto che le loro comunicazioni vengono sempre inviate in doppia copia all’Azienda sanitaria unica regionale (Asur) e alla procura di Macerata.

Peraltro, gli ordini arrivati ai camici bianchi appaiono contraddittori: l’entrata in servizio a Civitanova non significherà anche poter lasciare il posto nel proprio ospedale di competenza, e molti si ritrovano a dover capire come affrontare contemporaneamente due turni in due strutture diverse.

In totale, nel Covid Center, ruoteranno 34 medici, 40 infermieri e 20 tra operatori socio-sanitari e tecnici.

Per quello che riguarda i pazienti (84 i posti letto al massimo della capienza), i trasferimenti previsti per oggi dovrebbero provenire da Camerino, dove però i letti occupati da affetti da coronavirus sono una decina. È a partire da questo particolare che il circolo sanità del Partito Democratico, con una nota durissima, ha ufficialmente scaricato il progetto. «Trasferire pochi pazienti che potrebbero tranquillamente terminare il percorso di cura dove sono ricoverati è fuori luogo – scrivono dal Pd -. Dal punto di vista deontologico, diventa ancora più lesivo della professione medica la precettazione del personale da altre strutture pubbliche, vista anche la cronica assenza di medici anestesisti rianimatori».

La giunta regionale, per cercare di giustificare l’operazione, continua a ripetere che l’astronave di Civitanova potrebbe tornare utile nella malaugurata ipotesi di una nuova crescita dei contagi. Anche qui, però, i medici ribattono che, in ogni caso, l’assenza di altri reparti renderebbe comunque difficoltosa la cura degli eventuali pazienti: «L’ideale – sostengono – sarebbe stato potenziare le terapie intensive degli ospedali già esistenti». Cosa fatta in tutte le regioni italiane tranne due: la Lombardia e le Marche, ovvero quelle che hanno assunto Bertolaso come superconsulente.

IN TUTTO QUESTO, ieri pomeriggio si è anche diffusa la notizia delle dimissioni del responsabile marchigiano della sanità del partito, l’ex deputato Luciano Agostini.

Una serie di mazzate che conferma alcuni sospetti sorti nei giorni scorsi: all’inaugurazione del Covid Center, infatti, non erano presenti esponenti del Pd – né del governo, pure inviato -, mentre in compenso, sorridenti e in prima fila, era pieno di dirigenti locali della Lega. Una situazione non facile né bella per Ceriscioli, che, alla scadenza del suo mandato, lascia un Partito democratico a pezzi, con un candidato inviso agli alleati (il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi) e con prospettive elettorali che dire fosche è poco.

Intanto, a Roma, il deputato di Leu Nicola Fratoianni ha depositato un’interrogazione a risposta scritta rivolta alla presidenza del Consiglio dei ministri a tema Covid Center di Civitanova. La richiesta è di valutare «l’opportunità di proseguire con la realizzazione del centro, dal momento che le risorse per il mantenimento potrebbero essere impiegate per ammodernare strutture ospedaliere già esistenti».

Sin qui, l’astronave ha generato un giro di cassa di quasi venti milioni di euro: dodici raccolti dall’Ordine di Malta (con maxi donazione di cinque milioni di euro da parte della Banca d’Italia) e altri sei abbondanti scuciti dalla regione, di cui quattro per stipendi e utenze, 250mila per «l’ottimizzazione» e altri due milioni messi da parte per il futuro smantellamento. Più si andrà avanti e più le spese sono destinate a lievitare.