Loro ci provano, ma è evidente che lo sciopero globale non è affatto una passeggiata. Eppure, chissà, potrebbe essere uno dei must futuri per il sindacato mondiale. E così i lavoratori dei fast food – tra i peggio pagati nel mondo – ieri sono scesi in piazza in 33 paesi, dall’India agli Stati Uniti, dalla Thailandia al Marocco. Gli italiani raddoppieranno oggi, con uno sciopero: 8 ore per chiedere il contratto, che la Fipe (la controparte) vorrebbe addirittura cancellare per sempre.

«Devo far mangiare i miei figli»

Eddie Foreman, 40 anni, lavora in un McDonald’s di Opelika, nell’Alabama. «La ragione per cui sciopero – spiegava ieri al New York Times – è che non guadagno abbastanza soldi per potermi prendere cura dei miei bambini». La retribuzione di Eddie è di 7,75 dollari all’ora, ma dentro questa cifra non ci sono solo le spese correnti di casa, ma anche la previdenza sanitaria per la sua famiglia. Guadagnando così circa 200 dollari a settimana, si fa presto a capire che non si sopravvive.

La battaglia – ormai simbolica in tutto il mondo – punta al raddoppio della paga oraria, per arrivare a 15 dollari. #fightfor15 è lo slogan scelto per diffonderla.

Ma il mondo dei ristoratori, negli Stati Uniti, non è certo pronto a concedere degli aumenti così facilmente: l’associazione nazionale dei ristoratori Usa (NRA, National Restaurant Association) ha spiegato che se mai si raddoppiassero le paghe, per loro sarebbe un disastro: «Si abbatterebbero i nostri profitti, si bloccherebbero le nuove assunzioni e salirebbero i prezzi».

Chissà che la simpatia di Obama per questi lavoratori – che lo ha portato a sostenere la necessità di un salario minimo di 10,10 dollari l’ora – non possa aiutarli.

«Fipe, non ci tapperai la bocca»

«Vorrebbero chiuderci la bocca», recita lo slogan che i lavoratori del turismo di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno scelto per lo sciopero di oggi. Tra di loro, ci sono anche i lavoratori di McDonald’s, Autogrill, MyChef, tutti in attesa di un nuovo contratto da un anno perché la controparte datoriale – la Fipe – non solo si è alzata dal tavolo, ma addirittura vorrebbe cancellare il contratto nazionale. Al loro fianco anche i lavoratori di alberghi e tour operator di Confindustria, delle agenzie di viaggio di Fiavet, e quelli di Confesercenti.

L’idea della Fipe – nell’epoca della liberalizzazione dei contratti a termine varata dal governo con il decreto Poletti – sarebbe quella di “rottamare” il contratto, sostituendolo con regolamenti aziendali, imposti unilateralmente dalle singole catene. Eliminando per i nuovi assunti gli scatti di anzianità, i diritti di malattia, la quattordicesima. Diritti probabilmente ritenuti “vecchi” e “poco competitivi”. Oggi iniziative e cortei nelle principali città. Tag per seguirli: #fastfoodglobal e #fastgeneration.