l 9 dicembre, alla Kerry Taylor Auctions di Londra, si è tenuta un’asta di abiti che Alexander McQueen ha disegnato dopo la sua esaltante collezione della tesi di laurea nei primi Anni Novanta al Saint Martins College of Art and Design, sostenuta dopo aver lavorato nelle sartorie di Savile Row di Londra. La collezione di abiti battuti all’asta, definiti storici, vanno da quelli disegnati per Givenchy, il marchio di Lvmh dove è stato direttore creativo dal 1996 al 2001, a quelli per la sua etichetta, di proprietà del gruppo del lusso PPR ora Kering, in una sorta di retrospettiva del creativo che ha lasciato un vuoto incolmabile soprattutto in chi credeva in una qualità di rinnovamento della moda del XXI secolo sganciata dal sistema dell’accumulo dei fatturati.

 
McQueen si è suicidato a 40 anni a Londra l’11 febbraio 2010 provocando uno shock nel fashion world che, mentre lo osannava, non aveva saputo vedere nel suo genio, alimentato da un carattere schivo fino alla scontrosità o alla timidezza eccessiva, il disagio di una personalità che sapeva spingere verso il futuro l’estetica dei suoi anni ma non voleva scendere a patti con il secolo che l’imprigionava, perché era cosciente che qualsiasi compromesso con l’ambiente che lo dominava sarebbe stato un patto leonino svantaggioso per la propria indipendenza di giudizio.

 
Kerry Taylor, il proprietario della casa d’aste, ha confessato alla stampa inglese che tra gli abiti acquistati, a molte migliaia di sterline, pochi saranno indossati perché i compratori, rigorosamente anonimi, appartengono più alla categoria dei collezionisti di pezzi storici che a quella delle celebrities in vena di sfoggiare abiti meravigliosi. «Acquistare un abito di McQueen è come comprare una bottiglia di vino incredibilmente costosa il cui valore sta più nella sua presenza in cantina che nel suo contenuto. Allo stesso modo, i collezionisti di moda acquistano questi capi esclusivamente per la loro rarità e il significato che rappresentano», ha detto Taylor.

 
La vendita ha avuto un successo straordinario anche perché Londra si prepara a quello che sarà l’evento fashion del 2015, la mostra Alexander McQueen, Savage Beauty al Victoria and Albert Museum dal 15 marzo al 19 luglio (dopo lo straordinario successo al Met di New York nel 2011).
La venerazione che il mondo della moda, che solitamente dimentica in fretta, ha ancora per Alexander McQueen dopo cinque anni dalla sua scomparsa, mette sotto i riflettori due temi. Il primo è che la genialità di quello che i suoi avversari definivano «il figlio del tassista scozzese» non ha trovato ancora un’altra espressione che possa sostituirla. Il che è grave in un’epoca che si autodefinisce creativa. Il secondo è che il proseguimento del marchio, sotto la guida della pur brava ex assistente Sarah Burton, ha avuto come effetto l’aumento del rimpianto della scomparsa di McQueen. Il che dimostra che il genio, soprattutto quando non ha esaurito la sua missione e non è storicizzato, non è sostituibile.