«La vita è ciò che ti succede mentre sei impegnato a fare altri programmi» cantava John Lennon in una strofa di Beautiful Boy, appropriandosi di una frase del fumettista americano Allen Saunders: la canzone fu scritta probabilmente nel 1980, mentre il cantante dei Beatles era in vacanza alle Bermuda, dove quattro anni prima nasceva lo scrittore britannico Jon McGregor, autore di un romanzo affascinante e originale – Bacino 13 (traduzione inappuntabile di Ada Arduini, Guanda, pp. 304, euro 18,50) che si pone l’ambizioso obiettivo – da qui l’associazione mentale con la frase della canzone – di restituire attraverso il linguaggio l’effetto che lo scorrere del tempo esercita sulle percezioni umane.

L’incipit è quello di un noir tra i più classici: mentre è in vacanza con i genitori in un villaggio del nord dell’Inghilterra, una ragazzina di nome Rebecca Shaw scompare misteriosamente. Le squadre di ricerca si mobilitano all’istante, i sommozzatori esplorano il fondo dei bacini artificiali, gli elicotteri perlustrano le aree circostanti, unità cinofile battono le campagne, ma di Rebecca nessuna traccia.

Una voce incorporea, da almanacco
Mentre il lettore attende una risoluzione, o quantomeno uno sviluppo delle indagini, la sua attenzione viene captata dagli indizi che via via si succedono, senza che quasi si accorga del dramma che non ha mai smesso di andare in scena: quel dramma è niente altro se non la vita quotidiana, dove c’è chi viene arrestato e chi si trasferisce altrove, chi perde il lavoro, chi si ammala, chi si innamora – adolescenti che si separeranno per frequentare all’estero l’università, qualcuno per tornare, altri no. Ma il vero protagonista del romanzo è il tempo: «Non volevo narrare solo le storie dei personaggi umani», ha detto McGregor, «ma dell’intera flora, della fauna, di tutto»: itinerari montani, variazioni del livello delle acque nei bacini, fenomeni atmosferici, il ciclo delle vita dei tassi e dei merli, ogni aspetto viene annotato.

Non a caso, George Saunders – tra gli estimatori più entusiasti del romanzo – ha sottolineato come questo libro «strano, audace e molto commovente» operi «una ribellione radicale verso la tirannia della trama». Contro l’ovvietà che porterebbe a dosare lo spazio narrativo a seconda della significatività di quanto vi accade, la sfida di McGregor sta nel mantenere per tutta la durata del romanzo un’assoluta uniformità di tono e di misura. Diviso in tredici capitoli della stessa lunghezza, che corrispondono ai tredici anni seguiti alla scomparsa di Rebecca, Bacino 13 ha una struttura che prevede tredici sezioni interne a ciascun capitolo, ognuna corrispondente più o meno alla durata di un mese. L’insistenza sullo stesso numero non è solo idiosincratica: rimanda, infatti, alla poesia di Wallace Stevens Tredici modi di guardare un merlo, un verso della quale fa da epigrafe al romanzo.

Se la tradizione ci ha educati a cercare un denouement, e a sospettare nella trama un puzzle da risolvere, McGregor si incarica di contraddire le nostre attese: «Mi piacerebbe che ci fosse spazio anche per la mancanza di risoluzione, per la mancanza di chiusura che la vita così spesso ci offre». Gli sono occorsi sette anni per portare a termine il romanzo, durante i quali ha più volte abbandonato la scrittura per lunghi periodi, poi ci è tornato su allo scopo «vedere come apparivano i personaggi» a distanza di tempo: le vicende degli abitanti e degli animali, così come l’avvicendarsi delle stagioni e dei cicli naturali, sono le parti scritte in sequenza per prime, ognuna seguendo l’arco narrativo che le era più proprio, poi sono state giustapposte a mo’ di collage.

Quella del narratore è una voce incorporea, che sembra provenire da un vecchio almanacco: il suo occhio narrante si identifica con l’intera comunità e ricorda, perciò, la voce così elusiva del formidabile racconto di Faulkner Una rosa per Emily. Di volta in volta si sofferma in modo apparentemente casuale su un personaggio o su un elemento naturale, riporta uno spezzone di dialogo o descrive una singola scena: come se telecamere fisse, puntate in zone diverse del paese, trasmettessero immagini poi montate insieme e proiettate in ordine cronologico. Nessuna divisione in paragrafi scandisce la prosa di McGregor, solo blocchi di discorso dominati da una paratassi quasi biblica rendono la prosa del romanzo limpida e sinceramente evocativa.

Inoltre, pur mantenendo un realismo di fondo, questa strategia narrativa imprime tocchi visionari a ogni immagine, mentre il linguaggio forma una speciale sinfonia attraverso l’accumulazione e la giustapposizione di dettagli, di descrizioni di cambiamenti impercettibili o improvvisi, che rendono la vita umana il contrappunto di quella naturale, nel tentativo di abbracciare ogni aspetto del creato.

All’infuori di Rebecca, nessun personaggio viene descritto fisicamente, e anche della ragazzina veniamo a sapere solo attraverso i notiziari e le foto diffuse dalla polizia; ma nessun dettaglio riesce a cogliere l’essenza della persona, né a restituirne la psicologia, così che il suo fantasma aleggia tra le pagine come qualcosa di incompiuto: nel corso degli anni viene avvistata in luoghi diversi, la gente del posto – come il lettore – spera di ritrovarla all’improvviso, teme di imbattersi nel suo cadavere, immagina la sua fuga o il suo rapimento, inventa per lei gli esiti più disparati. E, in effetti, la storia di Rebecca non si conclude con il romanzo di cui è protagonista: di recente, McGregor ha pubblicato in Gran Bretagna un prequel del libro, The Reservoir Tapes, dove raccoglie quindici brevi racconti trasmessi originariamente su Bbc Radio 4, che gettano una nuova luce sinistra sugli eventi di Bacino 13. Ogni episodio, narrato dalla prospettiva di un diverso personaggio, è modulato sui ritmi del parlato per mezzo di un linguaggio asciutto, brusco, che già a partire dal racconto d’apertura – un’intervista alla madre di Rebecca di cui sono riportate solo le domande frammentarie dell’intervistatore – fa saltare all’evidenza il lato oscuro dell’apparentemente tranquilla comunità in cui avviene la scomparsa della protagonista.

Come nelle «Onde» di Virginia Woolf
Non a caso, all’inizio del romanzo McGregor ha deciso di riprodurre la fotografia di una ragazzina che si getta in uno specchio d’acqua; e, in effetti, la sparizione di Rebecca ha lo stesso effetto di un sasso lanciato in uno stagno: crea nella comunità una agitazione improvvisa, generando moti concentrici, che allontanandosi dal centro degli eventi tendono a acquietarsi. Ciò che fa pensare come tra i modelli di Bacino 13 – un esperimento letterario riuscito e insieme un modello in scala della vita, il ritratto di un piccolo mondo antico, fugace, transitorio come il tempo che ci è concesso su questa terra – non possa non esserci quel capolavoro di Virginia Woolf che è Le onde, romanzo per eccellenza sullo scorrere del tempo, sul ritmo dell’esistenza, sul battere e levare del respiro, sulla trama della memoria.