Essere o meno Paul McCartney sembra incidere notevolmente sulla durata della trafila per ottenere lo status di «classico». Se a Hendrix erano bastate quarantotto ore per omaggiare l’ouverture di Sgt. Pepper, un album intero è ora oggetto di tributo a soli quattro mesi dalla sua uscita. Certo, stavolta è lo stesso Beatle — si fa sempre fatica a scrivere ex — a commissionare le nuove versioni affidando a undici artisti altrettante tracce, come in un concorso a tema con triplice opzione di svolgimento: cover, feat, remix. Né si può negare il retrogusto promozionale dell’operazione, riconoscendo a Sir Paul precise competenze di product placement per l’album figlio del suo rockdown, ultimo capitolo della trilogia domestica iniziata nel 1970.

CIÒ PREMESSO, sussiste più di un motivo di interesse per questo McCartney III Imagined. In primis, la lista degli ospiti offre una carrellata sul panorama musicale contemporaneo che nessuno si aspetterebbe da un quasi ottantenne. A maggior ragione per l’assoluta trasversalità rispetto ai generi: un autentico politeismo pop. Non meno rilevante la bontà di gran parte degli interventi, agevolati dalla felice scrittura degli originali, dalla loro freschezza e dall’essenzialità della produzione. How to impress a Beatle. Potrebbe essere un buon sottotitolo, ad attestare lo scopo dichiarato da diversi partecipanti (St. Vincent, che rilegge Women And Wives da chitarrista più che da vocalist, ha definito la collaborazione con Macca «il momento migliore della mia vita»). Vicinissimi alle radici troviamo i frutti caduti dai rami di Damon Albarn, Ed O’Brien, Josh Homme e Beck, rispettosi del segno originario.

ALTRI PRENDONO il largo senza timore reverenziale: il funk psichedelico dei Khruangbin condisce Pretty Boys, Blood Orange emenda Deep Down e Dominic Fike trascina The Kiss Of Venus fuori dal suo guscio acustico. Anderson .Paak colora When Winter Comes con sostituzioni armoniche che riscattano il pigro drum pattern, prima che l’epilogo elettronico di 3D — Robert Del Naja dei Massive Attack — raggiunga con Deep Deep Feeling gli antipodi delle coordinate di partenza. Merita una menzione particolare l’elegiaca interpretazione di Seize The Day da parte di Phoebe Bridgers. C’è molta elettronica, troppo remix, recriminerà qualcuno. Ma neanche questa è una novità per Paul, allorquando gli è consentito affrancarsi dalla sua immagine (non fu proprio la fuga da se stesso a ispirargli l’idea per Sgt. Pepper?): si ascolti, procedendo a ritroso, Twin Freaks (album remix del 2005 in collaborazione con Freelance Hellraiser), Où est le soleil (da Flowers In The Dirt) o Temporary Secretary (da McCartney II). Ciò che più conta è il doppio merito di McCartney III Imagined: presentare agli ascoltatori di Sir Paul una selezione di artisti a cui difficilmente si sarebbero avvicinati, e offrire a tutti gli altri un ennesimo «punto d’udito» sull’opera dell’inesauribile genio di Liverpool. Risultato raggiunto, With A Little Help From His Friends.