Con le ultime arringhe ieri si è concluso il processo a Derek Chauvin, il poliziotto accusato della morte di George Floyd. Ora il compito è passato alla giuria che dovrà decidere come pronunciarsi.
Chauvin rischia da 15 anni all’ergastolo, l’accusa più grave è quella di omicidio di secondo grado (non premeditato), i giurati potrebbero ridurre la pena a omicidio di terzo grado (involontario), omicidio colposo, o anche proscioglierlo, e accettare la versione dell’imputato che si è sempre dichiarato innocente decidendo di non testimoniare per non auto incolparsi, come previsto dal quinto emendamento.

La tesi sostenuta dalla difesa è che le sue azioni siano state frutto dell’addestramento ricevuto, e della tensione generata dalla rabbia della folla accorsa.

«Preghiamo che la sentenza sia di colpevolezza – ha dichiarato ai media l’avvocato della famiglia Floyd, Benjamin Crump – è importante che sia così, perché dovrà essere un precedente, in questo modo l’America manterrà la sua promessa di libertà e giustizia per tutti. E quando dico tutti, intendo tutti noi: afroamericani, latini, nativi americani».

In caso di sentenza negativa Indianapolis è pronta all’inevitabile scoppio di rabbia che ne seguirebbe, con le vetrine nuovamente rinforzate dal compensato e la Guardia nazionale già schierata e pronta ad agire.

La tensione è alta in tutto il Paese, anche a causa dell’omicidio di un altro giovane afroamericano, il 20enne Daunte Wright, ucciso da una poliziotta bianca a Brooklyn Center, non lontano da Minneapolis.

Per l’ottava notte consecutiva a Brooklyn Center ci sono state manifestazioni a cui la polizia risponde con violenza spropositata attaccando manifestanti e giornalisti che vengono fermati e schedati senza ragione. Il caso più clamoroso è stato quello della producer asiatico-americana della Cnn, alla quale la polizia ha chiesto se parlasse inglese, per poi arrestarla, tenerla in stato di fermo per più due ore e maltrattarla.

Ai manifestanti nel fine settimana si è unita la deputata democratica Maxine Waters, 82 anni, afroamericana, una delle ultime storiche attiviste per i diritti civili degli afroamericani. Parlando alla folla Waters ha dato il suo sostegno ai manifestanti che ha ringraziato, aggiungendo: «Non possiamo essere fermi, non possiamo essere soddisfatti, fino a quando non otteniamo giustizia per Daunte Wright».

La deputata ha aggiunto poi che se per Derek Chauvin non dovesse esserci un verdetto di colpevolezza, «non possiamo andarcene», bensì «dobbiamo restare in strada, diventare più attivi, più conflittuali».

Dichiarazioni, queste di Waters, che hanno creato un’ondata di indignazione tra i media di destra che hanno accusato la deputata di incitamento alla violenza, paragonando le sue parole a quelle di Trump del 6 gennaio che hanno portato all’attacco al Congresso.