«Questo successo è per i morti e i feriti durante la repressione nella nostra terra che dura da più di 50 giorni. Siamo fieri di essere un piccola luce per la nostra gente in difficoltà. Come Amedspor, non ci siamo sottomessi e non ci sottometteremo. Lunga vita alla libertà!».

Queste parole, pronunciate da Deniz Naki, 26enne giocatore dell’Amedspor (club di terza serie della città di Diyarbakir, una delle città-simbolo del territorio curdo) al termine del vittorioso ottavo di finale di Coppa nazionale contro il Bursaspor, sono valse al giovane ben 12 turni di squalifica (l’accusa è di propaganda ideologica)e un’ammenda di circa 7 mila euro. Una sanzione pesantissima, quella adottata dalla Federcalcio turca, che era stata preceduta da un’irruzione della polizia nella sede dell’Amedspor a causa di un tweet “inneggiante al terrorismo”: un’operazione poi contestata dal club di Diyarbakir perché il messaggio non proveniva dal su profilo ufficiale.

Sul portale di calcio internazionale Transfermarkt la carriera di Deniz Naki è riassunta in poche battute: tedesco di nascita ma anche cittadino turco, almeno stando alla bandiera collocata vicino alla casella della nazionalità. Un dettaglio non proprio secondario. Il centrocampista dell’Amedspor, infatti, ha sempre rivendicato le sue origini kurde, nonostante ciò gli sia costato qualcosa in più di una semplice antipatia del tifo che lo accoglieva nei vari stadi della Turchia. Dopo una carriera nelle giovanili tedesche del Bayer Leverkusen, l’11 luglio 2013 Naki trova l’accordo con il Genclernirligi di Ankara, dove però rimane poco più di un anno prima di svincolarsi dal club. Un’interruzione non dovuta però alle sue prestazioni quanto all’aver subito un’aggressione a causa del suo sostegno pubblico alla causa di Kobane e alla resistenza curda contro l’ISIS. Secondo la testimonianza che rilasciò al quotidiano Hurriyet Daily News, il 2 novembre 2014 fu assalito da 3 persone che dopo averlo picchiato gli intimarono di andarsene dal club di Ankara, pena altre visite non gradite e ben più persuasive.

La squalifica di Naki, dunque, assume connotati squisitamente politici, situandosi da un lato all’interno della guerra sporca condotta da Erdogan contro i civili curdi, dall’altro nell’annientamento delle opposizioni che vorrebbero la riapertura di un processo di pace. Opposizioni che, tra l’altro, abitano anche gli stadi turchi. A metà gennaio un comunicato congiunto di 27 tifoserie turche (tra cui Besiktas, Fenerbache e Galatasaray) manifestava il proprio sostegno alla maestra Ayse (inquisita dalle autorità governative perché in diretta tv aveva chiesto di dare voce alla pace e di interrompere l’uccisione di innocenti) e agli “Accademici per la Pace”, specificando che «queste terre e questo pallone sono il gusto del vivere assieme e sappiamo che questo gusto può essere sentito solo se c’è pace».

«Non si tratta di apologia o di sostegno diretto ad una formazione politica curda», racconta al manifesto Ozlem Tanrikulu, portavoce di UIKI (Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia). «Sono solo le parole di un’atleta che vive a Diyarbakir, che si allena con l’incubo del coprifuoco e il rumore delle esplosioni. Come nel caso dei docenti arrestati (molti dei 1128 accademici e accademiche che in Turchia hanno lanciato un appello per la ripresa delle trattative di pace, ndr) si vuole colpire la solidarietà attiva della società civile, mentre a Cizre proseguono indiscriminati da 70 giorni i bombardamenti e il coprifuoco, che hanno già causato oltre 80 morti».

Immagine post facebook
il testo del post “incriminato”: «Per noi oggi è stata una grande vittoria. Siamo usciti puliti dallo sporco gioco portato avanti contro di noi. In un momento così difficile siamo felici e fieri di essere stati una luce anche se piccola per il nostro popolo. Come AMEDSPOR non ci siamo mai piegati e mai lo faremo. Con la nostra fede nella libertà siamo entrati in campo e abbiamo vinto. Siamo consapevoli del nostro debito con tutti i militanti politici, gli artisti, gli intellettuali e il nostro popolo che non ci hanno abbandonati e dedichiamo questa vittoria a chia ha perso la vita o è rimasto ferito in più di 50 giorni di crudeltà vissute su questa nostra terra»