Improvvisamente il 5 luglio di un anno fa a Padova – nel tragico esito di un accertamento diagnostico – moriva, a 61 anni, Mauro Bortoli.

UNA FIGURA politica «anomala» quanto la sua natura pacata. Anima, insieme a Michele Di Martino, la sede del Pdup nel quartiere Portello e le iniziative del movimento pacifista. Poi nel Pci ricopre per un breve periodo il ruolo di segretario regionale, perché Bortoli preferisce la concretezza. Consigliere in Provincia e nell’Ente Parco Colli Euganei, assessore in Comune dal 2004 al 2010, quando viene eletto consigliere regionale. Bortoli «divorzia» senza clamore dal Pd di Renzi, restando sempre fedele all’idea di sinistra popolare.
Con L’uomo dalle mille vocali (Scatole parlanti, pp. 132, euro 12) Sara Mondini, la moglie di Mauro che è associata di Psicologia, offre un «documentario emotivo dove vita e morte, razionalità ed emozioni, pubblico e privato, amore e politica si alternano e si confondono».

UNA SORTA DI DIARIO di coppia, che comincia il 30 settembre 1990 con la marcia Perugia-Assisi. La scrittura come terapia che permette di rianimare ricordi, emozioni, vita in comune. Pagine a specchio di una storia d’amore davvero comunista».
Riaffiora la dialettica di Hegel nella celeberrima prefazione alla Fenomenologia dello Spirito: «La morte, se vogliamo chiamare così quella irrealtà, è la cosa più terribile, e tener fermo ciò che è morto è ciò che richiede la massima forza». Sara Mondini descrive Mauro riga dopo riga, mantenendolo fermo sotto gli occhi di chi legge. L’uomo dalle mille vocali non forza il vero protagonista oltre il crinale della politica quotidiana che si confonde con la passione matrimoniale.

È IL RACCONTO sfrenato, la storia d’amore in presa diretta, la cronaca di un quarto di secolo, il libro aperto sul dolore, la pagina che resterà bianca. Sara senza più Mauro lo ritrova dovunque e non esita a liberare il flusso dei pensieri, dei ricordi, del tempo. L’uomo dalle mille vocali descrive una condizione nuova anche se non originale.
Come afferma Ines Testoni, direttrice del Master in Death Studies & The End of Life, nella prefazione: «Abitiamo un mondo intriso di fantasmi perché non sappiamo dialogare con il passato e, in particolare, non siamo in grado di dare un senso ai nostri ricordi. Sara Mondini riapre questo dialogo e pretende di renderlo aperto, pubblico, sfidando il rischio dell’oscenità, perché parlare di morte è, diceva Geoffrey Gorer, il discorso più autenticamente pornografico».
Così il «compagno Bortoli» – già sopravvissuto all’ipocrisia dei camaleonti inossidabili – continua ad abitare nella casa del popolo senza partito.