Con la recente scomparsa di Maurice Agulhon, storico della sociabilità e di Marianne, viene meno una delle figure innovatrici delle ricerche sulla Francia del XIX e XX secolo. Chi studia oggi le tradizioni politiche, di sinistra o di destra, tanto più in ambiti regionali e locali, ha difficoltà a ignorare la sua opera. I suoi metodi di ricerca hanno avuto ampia diffusione, indipendentemente dagli orientamenti degli studiosi: ne sono improntati tanto la nozione di sfera pubblica del sociologo-filosofo francofortese Jurgen Habermas, come l’elaborazione del civicness del politologo reaganiano Robert Putnam.
Nato da insegnanti di fede protestante e di forti sentimenti laici repubblicani, compiuti gli studi liceali tra Avignone e Lione, nel 1946 tramite concorso Agulhon accede alla prestigiosa École normale supérieure della capitale. Provinciale di origini modeste tra i figli dell’élite sociale parigina, subito si appassiona alla militanza nella cellula comunista. Dal Partito comunista esce per dissenso nel 1960. Mantiene sempre l’impegno civile nella sinistra laica e partecipa attivamente alle mobilitazioni del maggio 1968. Insegna all’università di Aix dal 1957, dal 1972 alla Sorbona e dal 1986 al Collège de France.
Accompagnato negli studi di formazione fin dal 1948 da Ernest Labrousse, grande studioso dalla forte impronta strutturalista marxista, nelle sue due tesi di dottorato si trova subito di fronte il problema di spiegare nella Provenza del XIX secolo, e in particolare nel dipartimento del Var, una spiccata diffusione della sinistra repubblicana in ambiti rurali, piuttosto che urbani e industriali. La soluzione gli viene dai modelli del sociologo Georges Gurvitch, secondo cui le idee discendono attraverso le forme associative, come in un sistema di vasi comunicanti. Nelle ricerche, ricostruisce così una molteplicità di piccoli fatti locali, rivelatori delle abitudini della quotidianità provinciale e tanto più del suo mutare. Ne trae un racconto dettagliato della vita sociale, finalizzato a individuare le trasformazioni delle strutture che la modellano e quasi sconfinante nell’etnografia, sempre a partire dall’informalità: dai luoghi d’incontro nelle piazze paesane, nei giochi a carte tra amici attorno a una bottiglia di vino, poi nelle osterie e caffè, nelle feste come nei funerali, fino alle bravate giovanili e agli charivari di derisone. Tutti questi momenti insegna a guardarli nella loro tendenza a politicizzarsi e a modificare le culture municipali del Meridione francese, tra la metà del secolo XVIII e il secolo XIX. Ne ha saputo trarre una storia sociale delle culture civili, con una raffinata costante attenzione alle particolari forme di comunicazione della politica.
Sistematizzata in modo compiuto l’analisi della sociabilità che impronta la mentalità della borghesia europea del XIX secolo, Agulhon lamenta di non essere giunto a risultati analoghi nell’ambito che più lo interessa: la sociabilità popolare. In realtà, alcuni suoi contributi sulle trasformazioni delle culture popolari dal XVIII al XIX secolo sono particolarmente incisivi e originali, anche rispetto agli studi paralleli dei colleghi inglesi Eric Hobsbawm e Edward P. Thompson. Di straordinario interesse a tale riguardo sono: Pénitents et francs-maçons de l’ancienne Provence: essai sur la sociabilité méridionale (1968), oltre a La République dans le village, ma anche i volumi sulla storia della Francia rurale e urbana a lui commissionati da Georges Duby.
In un articolo sulle «Annales», nel 1973 avvia gli studi sull’allegoria politico-civile di Marianne, alla cui evoluzione dedicherà in seguito tre corposi volumi. È stato l’analista metodico delle istituzioni repubblicane e soprattutto delle loro simbologie, avviate con la rivoluzione nel 1792, poi nelle elaborazioni successive, all’epoca della Restaurazione e della monarchia di luglio, nelle tradizioni della Seconda e della Terza Repubblica, fino alle riconfigurazioni delle simbologie repubblicane nella Resistenza, poi durante e dopo l’era di De Gaulle. Di quest’ultimo però non studia tanto gli atti politici, ma le presenze simboliche che si sono fissate nella cultura francese come luoghi della memoria. Suoi ultimi libri: Histoire et politique à gauche, Perrin, 2005 e Les mots de la République, Presses Universitaires du Mirail, 2008.
Il fatto che i suoi studi siano fortemente incentrati su specifiche territorialità francesi ne ha ostacolato la divulgazione all’estero attraverso traduzioni. I pochi suoi libri pubblicati in Italia, vari anni dopo l’edizione francese, sono: La Francia della seconda repubblica, Editori riuniti, 1979; La Repubblica nel villaggio, Il Mulino, 1991; l salotto, il circolo e il caffè, Donzelli, 1993. I suoi libri in lingua originale figurano comunque in quasi tutte le biblioteche universitarie, data la loro influenza sulla storiografia francese e occidentale. In Italia la sua nozione di sociabilità è stata affinata dalle sue allieve Maria Malatesta e Giuliana Gemelli (Forme di sociabilità nella storiografia francese contemporanea, Feltrinelli, 1982) e la diffusione del suo metodo ha potuto affermarsi grazie anche all’interesse per la storia italiana dei suoi allievi francesi, a cominciare da Gilles Pécout e Philippe Boutry, poi nei convegni promossi negli anni Novanta dall’École Française di Roma. In particolare la rivista «Memoria e ricerca» è attenta ai suoi interessi culturali e al suo metodo.