Tutta la diplomazia asiatica sembra ormai concentrata su Singapore. La città, diventata un hub finanziario mondiale, anche grazie alla guida «determinata» dell’ex leader Lee Kuan Yew (morto nel 2015) non è solo il luogo prestabilito dell’incontro tra Kim Jong-un e Trump, ma è anche il posto dove si sta svolgendo lo Shangri-la Dialogue, evento annuale, organizzato dall’International Institute for Strategic Studies (Iiss), che riunisce i responsabili e i professionisti della difesa dell’area Asia-Pacifico.

IN QUESTA CORNICE il segretario alla difesa Usa, Jim Mattis, ha lanciato accuse piuttosto dure alla Cina, paese con il quale Washington, da mesi ormai, è impegnata in una dura negoziazione per evitare l’inizio di una guerra commerciale giocata a colpi di dazi. L’oggetto della critica di Mattis è – ancora una volta – il mar cinese meridionale. Secondo il segretario alla difesa degli Usa, Pechinio starebbe procedendo a «intimidazioni» contro gli altri stati asiatici che si contendono la possibilità di solcare quel tratto di mare, nonché la sovranità di alcune isole disabitate ma strategiche in termini di risorse e possibilità di pesca. «Benché la Cina affermi il contrario, ha spiegato Mattis, lo schieramento di questi sistemi d’arma è legato all’uso militare a scopo di intimidazione».

MATTIS HA AGGIUNTO che il presidente cinese, Xi Jinping, sarebbe venuto meno all’impegno preso nel 2015 a non militarizzare le isole di quel mare.
Pechino nega, nonostante le immagini satellitari abbiano più volte evidenziato attività di natura militare e la creazione di atolli artificiali. La Cina rivendica la sovranità su quel mare, nonostante le contestazioni di Vietnam, Filippine, Malesia, Brunei, Taiwan, e naturalmente Usa.