«La situazione è confusa, ma finalmente si apre qualche spiraglio politico. Ma insisto su un punto: le elezioni a maggio». Per Goffredo Bettini, alla vigilia della direzione Pd, dove lui torna per la prima volta dopo l’era Veltroni – era coordinatore della segreteria e consigliere – il governo Letta non deve andare avanti. «La situazione economica non migliora senza uno choc positivo. Letta è bravo, equilibrato, perbene. Ma fin dalla nascita questo governo è apparso innaturale, fragile, condizionato. Non ha la libertà, la rappresentatività, l’autorevolezza e il coraggio per fare le riforme che servono e che Renzi giustamente indica. Né per puntare i piedi in Europa ed ottenere l’allentamento dei vincoli micidiali per la ripresa. Meglio che passi la mano.

Renzi però, almeno a parole, promette ogni giorno di non voler far cadere il governo.

Renzi sta facendo bene. Non ho votato per lui perché al congresso ho scelto di rivolgermi a tutti i candidati, con proposte sul partito che hanno avuto un peso. Ma ho sempre sostenuto che fosse la nostra carta migliore per il governo. Ora ha stravinto ed è il segretario. E ha tutto il mio appoggio; solo un cieco può non vedere che in poche settimane ha rimesso in moto la situazione politica italiana.

Insisto: Renzi non sembra intenzionato ad andare a elezioni subito. Dovrà tenere per un anno questo passo?

Credo che dovremmo andare al voto a maggio. Detto questo, le doti che Renzi ha dimostrato sono la velocità, la concretezza, la schiettezza, la voglia di portare a casa risultati per l’Italia. Certo, talvolta va per le spicce. Ma ho conosciuto nostri gruppi dirigenti esercitare il potere con assai più durezza. In termini di apertura e rispetto, testimonio, per esempio che io stesso sono stato messo in direzione in quota Renzi, con un suo atto unilaterale, generoso e non richiesto.

Lei propone un campo largo a sinistra. Ma fra Pd e Sel ad oggi c’è il macigno del governo Letta-Alfano.

La situazione si sta muovendo anche nello schieramento progressista. Il congresso di Sel è un passaggio decisivo. Sel ha il problema di non disperdere il suo insediamento nella lotta e nei conflitti più aspri del paese e nello stesso tempo di non rimanere in una posizione minoritaria, di semplice aggiunta o appendice del Pd. Si tratta di tradurre in una proposta politica quello che ha seminato culturalmente e idealmente il gruppo dirigente di Vendola. Non credo che ciò sarà possibile rinchiudendosi nella sua attuale forma-partito, che ha molti dei difetti burocratici e di degenerazione personalistica propri del Pd. Ma la soluzione non è neppure una federazione con il Pd, accontentandosi di fare la gamba di sinistra di un tavolo che nel complesso va ribaltato.

Anche lei invita Sel a entrare nel Pd?

Sel, cambiando se stessa, deve chiedere contemporaneamente un cambiamento di tutti. Tutti dovrebbero costituire insieme un campo largo della sinistra e dei democratici. Capace di mettere insieme le forze più radicali con quelle moderate che hanno scelto di combattere contro il populismo e la destra. Questo campo deve essere libero, abitato da persone che vogliono esercitare la loro partecipazione e la battaglia politica contando e decidendo. Deve essere un campo contendibile, nel quale gli iscritti e talvolta gli elettori deliberano non solo scegliendo i leader o i candidati, ma sulle grandi questioni. La sinistra, le sue idee, debbono saper lievitare dentro questa sfida più larga. Non ci sono involucri, spesso puri simulacri del passato, che la possono salvare. La salvezza sta in una sua ripresa di egemonia reale, che da decenni manca.

Sel oggi risponde ’annessione, no grazie’

Ripeto, andare presto al voto potrebbe far fare un passo in avanti all’idea, che ho sempre condiviso, di una tendenza al bipartitismo; ripresa in questi giorni da Renzi. Vedo che anche i giovani turchi oggi rifiutano di militare in una corrente di sinistra del Pd, e coltivano un’ambizione più alta di influenza politica generale. Tutto questo non si concilia con una federazione o, peggio, con il persistere delle divisioni attuali. Ci vuole uno schema innovativo: Renzi candidato premier con un campo unitario dei democratici, plurale, contendibile in perenne esercizio di produzione di idee, di decisioni, di lotta per riscattare l’Italia.

Questo significa che Pd e Sel dovrebbero presentarsi insieme già alle europee?

Non voglio né posso dare le tappe a processi che sono aperti a diversi esiti e che stanno suscitando una discussione molto articolata. Ma mi interessa che parta da subito l’impegno per una nuova unità dei democratici e dei progressisti. Di cui Sel è parte fondamentale.