Si arroga il diritto di essere arrogante. Canta la madonnina in milanese. Metaforeggia sul calcio (un altro…). Monologa. Poi se ne va. Beh, tutto qui? Lo aspettavano per il rush finale. Lo aveva promesso: vengo. Forse si aspettavano altro. Ci contavano tutti, ci contava Beppe Sala (un po’ meno i suoi supporter di Sinistra X Milano). Ma ormai non impressiona più nessuno. Il gran mattatore non ha lasciato tracce indelebili. Il copione è logoro e le battute cominciano a scarseggiare, non è un bel segnale a pochi giorni dal voto nell’unica città che sembrava impossibile perdere contro un centrodestra in disarmo. Invece la partita è aperta. Forse il basso profilo è mossa strategica, meglio non personalizzare troppo la partita più delicata per non solleticare pulsioni anti renziane.

Comunque qui il presidente del Consiglio si gioca tutto – Roma è già data per persa – e non è proprio indice di grande impegno cavarsela con qualche battuta riciclata, sempre la stessa: “Vincere qui è come tirare un calcio di rigore, non si può sbagliare”. L’Atletico Madrid insegna. L’atto dovuto, si vedeva che Renzi ne avrebbe fatto volentieri a meno, si è consumato ieri mattina al centro sociale Barrio’s di don Gino Rigoldi, il cappellano del Beccaria. Zona Barona, sguardo periferico (geniale!). I tre protagonisti della campagna elettorale meno entusiasmante di sempre hanno fatto di tutto per dispensare buon umore. Matteo maramaldeggia, Beppe fa lo spiritoso (almeno ci prova) e Giuliano partecipa alla commedia. Si abbracciano sulle note di Heroes di David Bowie, affabulano gli astanti dandosi del tu e poi pranzano con centinaia di candidati del Pd. Il condottiero motiva a modo suo: “Porta a Porta non è una trasmissione, è andare casa per casa. Fatevi l’elenco dei vecchi compagni di classe, ex fidanzate e fidanzati, ex fidanzati dei vostri fratelli e sorelle, vecchi compagni di squadre di calcio: questo è il lavoro che serve e fatelo con il sorriso, in politica ci si può anche divertire e non è soltanto una cosa noiosa e bavosa”. Per Sala e per il sindaco uscente e accondiscendente sono elogi prestampati. “Quella di Sala non è una scommessa personale, è la scommessa di una grande comunità, di una città che ha voglia di dire: avanti Milano, avanti Italia. Perché se va avanti Milano va avanti l’Italia”.

Il meglio di sé però l’aveva riservato poco prima a cento studenti del Boston Consulting Group, bisognava convincerli che per il bene dell’umanità c’è solo un “sì” al referendum di ottobre: “Sono il teorico della rottamazione quindi due mandati e si va a casa, se non mi mandano via prima. Non sono uno che si fa cambiare l’umore da un articolo di giornale o da una critica, altrimenti non sarei in grado di guidare il paese. Voi la chiamate arroganza? Io consapevolezza”. Si fa le domande, si dà le risposte.

Beppe Sala deve farsene una ragione. L’aiutino è questo, una mezza mattinata di battute a braccio e nient’altro. I giochi continuano a rimanere aperti e in vista del ballottaggio il centrosinistra dovrebbe almeno cercare di evitare nuove situazioni imbarazzanti. L’ultima è di ieri, in seguito all’affondo del candidato Basilio Rizzo (Milano in Comune) che ha denunciato una curiosa convergenza di denaro che rende in qualche modo ancora più somiglianti i due candidati rivali. Il presidente di Fondazione Fiera, Benito Benedini, il cui mandato è in scadenza e dovrà essere rinnovato, ha contribuito alla campagna elettorale versando 60 mila euro nelle casse dei due manager (30 mila per Sala, altrettanti per Stefano Parisi). Un finanziamento regolare, ma poco elegante. Tanto che Beppe Sala, dopo le carinerie del capo del Pd, ha dovuto rinunciare pubblicamente a quel finanziamento. “Il versamento è del tutto legittimo – ha spiegato ai giornalisti – ma avendoci riflettuto preferisco che chi fa un versamento per la mia campagna sia dalla mia parte. Chiamerò il cavaliere Benedini per ringraziarlo ma per dirgli che restituirò i 30 mila euro”. Con ben altra disinvoltura se l’è cavata Stefano Parisi: “Benedini ha il cuore grande, conosce bene sia me sia Sala, ha dato una mano a tutti e due, nulla di illegittimo”. Visto? Gli amici sono gli stessi, ma i due candidati non sono la fotocopia uno dell’altro. Sono soddisfazioni.