«Una verità piena e conclusiva non ha ancora coronato le lunghe e travagliate vicende giudiziarie» nonostante «il lavoro encomiabile e coraggioso di magistrati e servitori dello Stato, che hanno svelato responsabilità e trame di matrice neofascista, occultate da intollerabili deviazioni». Non si era mai spinto così avanti un presidente della Repubblica, fino a pronunciare la parola «fascista» a proposito della strage di Piazza Fontana di Milano, e a pronunciarla proprio nei tempi in cui la parola e quello che significa rischia di tornare in circolazione senza la contezza piena di quello che ha significato nella storia d’Italia, anche quella del dopoguerra.

Lo ha fatto ieri Sergio Mattarella in una nota del Quirinale che ha il passo di una lezione di educazione civica – che non guasta, ai tempi delle citazioni di Mussolini esibite con spavalderia dal ministro dell’interno – ricordando il quarantanovesimo anniversario della bomba alla Banca nazionale dell’agricoltura. Morirono 17 persone, 88 furono i feriti. Quella bomba che, riconosce la più alta carica dello stato, «diede avvio a un attacco eversivo contro la Repubblica», innescò «una spirale di terrore, per destabilizzare e far gravare per anni sulla nostra democrazia una minaccia, con ulteriori lutti, violenze, fratture». Il costo umano fu «assai elevato» ma da lì «il popolo italiano ha saputo sconfiggere gli eversori grazie alla propria unità e ai valori radicati nella sua storia, nella sua cultura, nella vita sociale». Il presidente insiste sulla risposta «corale» del paese «sia nei confronti dell’eversione nera sia del terrorismo brigatista» figlio, anche, di quella prima strage di Piazza Fontana, la «strage di stato» per la quale i depistaggi iniziarono da subito con l’incriminazione dell’anarchico Giuseppe Pinelli, che fu suicidato da una finestra della Questura di Milano, e di Pietro Valpreda.

Nel 2005, all’ultimo processo, la Cassazione ha affermato che la strage fu realizzata dall’organizzazione eversiva di Ordine Nuovo di Franco Freda e Giovanni Ventura, già assolti nel 1987 e quindi non più processabili. Non è mai arrivata una sentenza sugli esecutori materiali. Ai familiari delle vittime si è rivolto anche il presidente della camera Roberto Fico : «Vi chiedo scusa per tutti i depistaggi ce avete dovuto subire». E ha promesso di completare la rimozione del segreto funzionale sugli atti e i documenti «relativi alle stragi, alle logge massoniche e alla P2». Ammettendo però che su questo «molto è stato fatto».