Critica sì, «anche severa», però «costruttiva, attenta e di spinte ideali». Da Gorizia, occasione il centenario dell’unificazione all’Italia, il capo dello Stato si lancia in un peana rivolto all’Europa, «modello di crescita e convivenza unico al mondo». Non che Mattarella possa addurre troppi argomenti a giustificazione dell’elogio. In realtà ne ha a disposizione uno solo: la pace. E’ l’Europa, secondo il presidente, che ha cambiato le regole del gioco facendo tacere le armi.

Il richiamo alle critiche costruttive può suonare come un rimprovero al presidente del consiglio, che non perde occasione per bersagliare l’Europa sia sul fronte del rigore che su quello dell’immigrazione. E’ più probabile che la sortita del presidente sia invece una mossa distensiva che, forse per coincidenza e forse no, si inserisce in una più generale offensiva di pace. «Non minimizzare ma nemmeno drammatizzare» afferma il commissario Ue all’Economia Moscovici, che venerdì incontrerà a Bratislava Padoan. In fondo le lettere inviate all’Italia e ad altri sei Paesi «rientrano nel normale dialogo».

Moscovici rappresenta l’ala morbida della Commissione, anche e soprattutto perché sa bene che il suo Paese, la Francia, non sta messo meglio dell’Italia. E’ probabile tuttavia che in questo caso dia voce a un umore generale. Nessuno, né a Roma né a Bruxelles, vuole che lo scontro diventi una cosa seria e in questi casi abbassare i toni prima che vengano dette parole di troppo è la regola. Ciò non significa però che l’ottimismo del ministro Calenda, secondo cui non sta succedendo niente e si tratta di «un normalissimo procedimento», sia del tutto fondato. Il problema c’è, e la riprova è nel ritardo ogni giorno più abissale nella trasmissione della manovra alla Camera. Un simile ritardo, dopo il varo di una legge che imporrebbe di non superare il 20 ottobre, può voler dire una cosa sola: che al Mef stanno cercando freneticamente una via per spuntare la più pericolosa tra le critiche contenute nella lettera della Ue, quella riferita alla struttura stessa della manovra, dalle incertezze degli introiti alla natura non ripetibile degli incassi, derivati da misure una tantum.

Compito arduo. Soddisfare l’Europa vuol dire inserire nel testo qualche doloroso taglio. La vicinanza del referendum rende questa via sconsigliabile. Ma se la porta è stretta, la reciproca consapevolezza di non poter arrivare a una rottura aiuta Renzi. Anche ieri il premier ha ripetuto la minaccia di mettere il veto al bilancio Ue senza una svolta concreta sull’immigrazione. Sembrano parole in contrasto con lo sforzo distensivo e certamente Renzi cerca anche di far pesare i sacrifici italiani su quel fronte per attenuare la rigidità sui conti. Ma stavolta sembra non guardare solo alla legge di bilancio e al referendum ma anche a un’emergenza che, di qui a pochi mesi, potrebbe diventare gravissima, comunque finisca il 4 dicembre.